BARI. “Ve lo chiedo: se mi volete bene, smettete di scrivermi che vorreste vedermi al pianoforte. Non sapete la sofferenza che mi provoca, perché non posso, ho due dita che non rispondono più bene e quindi non posso più dare alla musica abbastanza. E nel momento in cui saprò di non riuscire più a gestire un’orchestra smetterò anche di dirigere”. Così, spiazzando tutti, il pianista e direttore d’orchestra Ezio Bosso, ha annunciato che non riesce più suonare il pianoforte a causa della malattia neurodegenerativa che lo affligge da otto anni.
Il maestro torinese ha appena compiuto 48 anni e si è raccontato, con accanto il suo cane Ragout, in un intervento alla Fiera del Levante di Bari, affermando che “la disabilità è negli occhi di chi guarda, perché il talento è talento e le persone sono persone, con le ruote o senza” e che “con la pazienza a tutte le età si può imparare, perché se uno dedica del tempo alle cose, vengono”. Infine, un’ultima considerazione: “La musica ci ricorda anche questo: prendersi cura, avere rispetto, far star bene, non confondere la quotidianità con l’eternità, i nostri piccoli poteri con l’assoluto”.
Bosso, pur non essendo affetto da SLA, ha sviluppato una malattia autoimmune i cui effetti sono essenzialmente gli stessi della sclerosi laterale. Anche nel suo caso infatti a essere colpiti sono i motoneuroni, le cellule cerebrali responsabili del controllo dei movimenti, che portano alla paralisi progressiva della muscolatura volontaria, la perdita di forza negli arti e dei muscoli adibiti a funzioni vitali come la respirazione e la deglutizione. Come nel caso della SLA, non esistono cure per la patologia che affligge Bosso e l’unico rimedio in circolazione, il riluzolo (farmaco ad azione antiglutamatergica, appartenente alla classe chimica dei benzotiazoli), perde efficacia man mano che il corpo del paziente si abitua alla sostanza.