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Giovanni Boldini disegnatore: pezzi rari in mostra a Bologna

BOLOGNA. A vent’anni dalla prima rassegna dedicata alla produzione grafica di Giovanni Boldini, Bologna rende nuovamente omaggio, a uno degli indiscussi protagonisti della pittura dell’Ottocento. La mostra, che è stata inagurata lo scorso 24 novembre nei locali della Galleria Bottegantica, proseguirà sino al 19 gennaio 2019, presentando una raffinata selezione di 50 opere su carta, alcune delle quali mai esposte in pubblico, provenienti da prestigiose collezioni private, che testimoniano la singolare capacità espressiva del maestro ferrarese nell’arte del disegno e dell’incisione.

Quella del disegno è una tecnica sperimentata da Boldini fin dalla tenera età, al punto che una leggenda di famiglia racconta che l’artista imparò a disegnare ancora prima di leggere. Aneddoto a parte, il disegno fu per lui regola quotidiana di vita, un imperativo categorico che gli consentì di indagare, analizzare e riprodurre tutti i particolari della realtà circostante e che lo lasciava libero di sperimentare, lontano dal suo pubblico, nuovi motivi, nuove soluzioni compositive e approcci stilistici.

Boldini era un disegnatore compulsivo; aveva la mania di schizzare con guizzo da spadaccino, e senza mai sbagliare nulla, tutto quello che cadeva sotto il suo sguardo: un bicchiere o un tozzo di pane sopra una tovaglia di un anonimo caffè parigino, il profilo vezzoso di una fanciulla alle corse di Longchamps, gli occhi stanchi dei cavalli del fiacre, la ragazzina con il tutù alla sbarra, e così via. Egli era altresì affascinato dalle architetture e dai mobili, al punto da lasciarci dei disegni e acquerelli di edifici antichi e moderni, unitamente ad alcune raffigurazioni relative a decorazioni di letti, vasi e “consolle”.

Dotato di un virtuosismo tecnico invidiabile, l’artista ferrarese indulgeva al piacere del segno calato sul foglio con folgorante rapidità. Era però una velocità interna, non di esecuzione, perché sappiamo di ritratti che gli costarono mesi di studio e di lavoro. Si abbandonava, sì, all’impeto della matita assecondando un suo moto istintivo, ma non prima di essere riuscito a catturare l’idea o, quantomeno, farla coincidere, in quel momento magico, con una rappresentazione dinamica puntellata sulle giuste linee di forza. Per questo anche gli appunti più fugaci, quelli schizzati ad esempio sul retro di una lettera, hanno sempre dei pregi, poiché anche loro ci offrono la chiave per afferrare il senso e la misura di una vitalità talvolta delirante, di una violenza grafica e di un estro inventivo che si accompagnano sempre a un segno elegante, impaziente, psicologicamente penetrante.

Accompagna la mostra, curata da Stefano Bosi e da Enzo Savoia, un catalogo di Bottegantica edizioni, con saggi dello stesso Bosi e di Eugenio Riccòmini.

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