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Il fermento primitivista di Klee nelle opere esposte al Mudec

MILANO. La mostra Paul Klee: alle origini dell’arte,  inaugurata al Mudec di Milano lo scorso 31 ottobre proseguirà sino al 3 marzo 2019, ha un preciso obiettivo:  far scoprire l’attenzione che l’artista svizzero rivolge al fermento primitivista. Sentimento che sorge in Klee qui in Italia, dove si trova tra il 1901 e il 1902: inizia con il guardare all’arte paleocristiana da cui parte per reinventare l’arte del suo tempo – si avvicina al primitivismo anche attraverso la vicinanza al movimento Der Blaue Reiter – rimuovendo il condizionamento della storia dell’arte per far sì che l’opera si faccia portatrice di qualità affettive che ci permettono di avvicinarla.

La mostra, promossa dal Comune di Milano-Cultura e dal Gruppo 24 Ore, che ne è anche il produttore, presenta un centinaio di opere dell’autore, provenienti da importanti musei e collezioni private europee, e conta su una consistente collaborazione del Zentrum Paul Klee di Berna. L’esposizione si rivolge a satira e grafica, entrambe forme culturali deformanti la realtà. Nella sezione dell’illustratore cosmico, il punto si focalizza sull’individuo che riflette gli elementi dell’universo come sentimenti del mondo. 

Una grande sala etnografica raccoglie maschere dall’Oceania e dall’Africa, tessuti decorati a penne di pappagallo provenienti dal Perù che sembrano le famose scacchiere di colori dell’artista. E la sua policromia si impone nelle sezioni finali, che raccolgono i più noti capolavori di Klee, ma anche molti inediti. D’altronde l’artista affermava: «l’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile».

Le sezioni in cui è suddivisa la mostra raccontano il processo di formazione dell’artista: dalla caricatura al periodo in cui Klee si definisce anche illustratore cosmico a un primitivismo di tipo epigrafico, la cui sezione di riferimento non a caso è intitolata alfabeti e geroglifiche d’invenzione. Una sezione viene dedicata al teatrino di marionette che Klee aveva costruito per il figlio Felix, a testimonianza del suo interesse per l’espressività infantile e quindi per le origini primordiali dell’arte che l’autore, coerentemente con il suo tempo, riteneva dovessero cercarsi nelle espressioni artistiche di alcune popolazioni di interesse etnografico. Insieme a esemplari di marionette viene presentata una selezione delle opere etnografiche del Mudec: i manufatti extraeuropei, lungi dal fornire un elemento di comparazione diretta con i lavori di Klee, riferiscono di come l’artista si sia avvicinato, abbia corrisposto con l’universo fantastico, antropologico e stilistico delle arti extraeuropee. 

Infine, la sezione dedicata a policromie e astrazione designa un diverso insieme di opere, caratterizzate, oltreché dal rigoroso disegno geometrico per lo più associato a motivi architettonici, dalla trasparenza di differenti velature di colore. Klee viene quindi presentato sia attraverso le sue opere astratte e policrome, conosciute e amate dal grande pubblico, sia attraverso i suoi meno noti lavori caricaturali; al tempo stesso, puntuali ricerche sulle fonti, sui repertori iconografici e formali e sui documenti testuali danno conto della complessità del sostrato culturale dell’artista, della vastità della sua produzione e dell’ampiezza delle tecniche da lui utilizzate.

Per ulteriori informazioni: www.mudec.it/ita/klee-mostra-mudec-milano.

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Piero Abrate

Giornalista professionista dal 1990, in passato ha lavorato per quasi 20 anni nelle redazioni di Stampa Sera e La Stampa, dirigendo successivamente un mensile nazionale di auto e il quotidiano locale Torino Sera. È stato docente di giornalismo all’Università popolare di Torino.

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