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Il M5S in crisi d’identità andrà alle elezioni “nascosto” in liste civiche e senza alleanze

ROMA. La sonora batosta umbra rivelatasi quasi letale per il movimento 5 stelle ha aperto un dibattito all’interno del movimento. Ma è più un’operazione di mimetizzazione che di cambiamento convinto e corretto. Mentre con la Lega c’era un contratto di governo, ma i movimenti non si erano presentati insieme a competizioni elettorali, con il pd i grillini si sono fidanzati casa, si sono presentati i “genitori” e le due famiglie politiche si erano mischiate e hanno creato liste e candidati unici. Adesso sarà molto difficile riconquistare una verginità politica e d’immagine. In Calabria il M5S correrà da solo alle Regionali: è l’orientamento emerso, secondo quanto si apprende, nella riunione stasera al Senato tra Luigi Di Maio e i referenti cinquestelle sul territorio. L’incontro ha fatto seguito a quello del capo politico M5S con gli eletti dell’Emilia Romagna.  “Non c’è modo di nascondervi nulla, sapete già tutto”: con una battuta il capo politico M5S uscendo dal Senato è sembrato confermare quanto trapelato dalle riunioni che ha tenuto sulle Regionali in Emilia Romagna e Calabria, cioè l’orientamento dei cinquestelle di correre da soli o assieme a delle liste civiche, senza riproporre l’alleanza con il Pd in Umbria. Termina con un nuovo impasse, a quanto si apprende, l’assemblea dei deputati M5S che era chiamata a dirimere il nodo del capogruppo. Assemblea alla quale, peraltro, non era presente più della metà dei deputati pentastellati. E la riunione termina, nonostante i tentativi di mediazione di un gruppo di deputati, come Sergio Battelli e Adriano Varrica, con una fumata nera su un eventuale accordo per una sola “squadra” in gara per il direttivo (al momento restano in lizza per il ruolo di capogruppo Francesco Silvestri e Raffaele Trano). Allo stesso modo resta intatto lo Statuto del gruppo della Camera, che non prevede alcun abbassamento del quorum da quello richiesto alla prima votazione: la maggioranza assoluta. Venerdì ripartirà l’iter per l’elezione del capogruppo, con il rischio del perdurare dello stallo. “Oggi con il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio è stato un incontro molto positivo. Siamo siamo tutti concordi, sia come parlamentari che come consiglieri regionali che hanno svolto un ottimo lavoro in questi cinque anni, nel presentarci da soli, senza fare alleanze con i partiti, in occasione delle prossime regionali in Emilia-Romagna.

E’ stato inoltre ribadito che le uniche alleanze che valuteremo di fare saranno quelle con le liste civiche”: lo dichiarano in una nota i parlamentari emiliano-romagnoli del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari, Alessandra Carbonaro, Vittorio Ferraresi, Gabriele Lanzi, Marco Croatti, Michela Montevecchi, Maria Edera Spadoni, Giulia Sarti, Maria Laura Mantovani, Carlo De Girolamo, Davide Zanichelli al termine dell’incontro con Luigi Di Maio. Quello di oggi con il capo politico del MoVimento 5 Stelle Luigi Di Maio è stato un incontro molto positivo. Siamo tutti concordi nel presentarci da soli, senza fare alleanze con i partiti, in occasione delle prossime regionali in Emilia-Romagna. Le uniche alleanze che valuteremo di fare saranno quelle con le liste civiche”. Così Maria Edera Spadoni, vice presidente della Camera e parlamentare emiliano-romagnola del Movimento 5 Stelle al termine dell’incontro tra parlamentari e consiglieri regionali pentastellati emiliano-romagnoli ed il capo politico Luigi Di Maio.  La forza di Luigi Di Maio è che il M5S al momento sembra poter solo governare e cercare di farlo bene. Ma dopo la batosta in Umbria il leader torna nel mirino dei critici interni, una fronda che secondo alcune voci insistenti all’interno del Movimento, potrebbe far emergere un documento di alcune decine di deputati, che al momento scarseggia di firme, per chiederne almeno un ridimensionamento, una sorta di commissariamento. Ma la guerra fredda nel MoVimento sembra coinvolgere anche Beppe Grillo e Giuseppe Conte, che hanno scommesso forte sull’alleanza con il Pd, anche a livello locale e sono intenzionati a tenere la linea. Una posizione che pare fuori da ogni realtà politica, salvo quella di imporre agli italiani un prodotto bollito e già bocciato, e che troverebbe come motivazione unica l’occupazione di posti di potere. Con tutto quello che ne concerne. Dal punto di vista degli elettori pentastellati il movimento ha svenduto i propri cavalli di battaglia, lasciando quota cento e reddito di cittadinanza in balia di scelte e suggestioni del pd. Sul tema elezioni Di Maio invece dice chiaro “possiamo metterci con movimenti che lavorano sul territorio, non con altre forze politiche”. Da qui anche la decisione, annunciata dopo un incontro al senato, di far correre il Movimento da solo alle regionali di fine gennaio in Emilia Romagna. La divaricazione tra il capo politico M5S e il premier è latente – si racconta in ambienti della maggioranza – anche se Di Maio assicura di essere “molto orgoglioso di aver dato agli italiani un presidente del Consiglio come Giuseppe Conte”. Indietro anche volendo non si torna, Matteo Salvini ha ormai rilanciato il centrodestra unito e poi “lui dopo 14 mesi di governo ci ha lasciato con il cerino in mano dell’Iva – afferma il ministro degli Esteri -, per me con lui è finita”. “Con il Pd si lavora meglio che con la Lega”, concede Di Maio, ma nell’incontro al Senato con i referenti di Emilia Romagna e Calabria emergono i forti dubbi sul replay dello schema Umbria. Mentre cerca di elaborare una strategia per porre fine alla sequela di sconfitte post-politiche 2018, il capo politico dei 5s telle deve far fronte a un dissenso interno che sta alzando la voce. Tra i pochi a chiedere apertamente le sue dimissioni c’è il senatore Mario Giarrusso, che parla di “tracollo” alle regionali e di “parecchi passi indietro” di Di Maio con i suoi 4 incarichi. Alla Camera il gruppo cerca di eleggere il presidente dopo due fumate grigie e intanto si sparge la voce, rilanciata da fonti di stampa, di una fronda di una cinquantina di deputati, pronti a firmare un documento. Ipotesi smentita però da altre fonti. Il problema al momento non pare Luigi Di Maio, che al limite può essere additato come capo espiatorio di una disfatta annunciata, ma un movimento che ha perso la sua identità alleandosi di fatto con il nemico di sempre, il pd, un movimento spacciatosi “del cambiamento”che ha perso la grinta dei “lupi” diventati docili chihuahua come la Taverna e con un padre versione Joker più che mai legato a doppia mandata al pd. Un padre, Beppe Grillo, che dagli italiani e da molti propri elettori vi è visto rispedire al mittente tanti vaffa….almeno quanti ne aveva scanditi lui nelle piazze quando pubblicizzava “scatolette di tonno da aprire con gli elettori”.

Giuseppe Muri

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Giuseppe Muri

Giornalista pubblicista dagli Anni Ottanta, si occupa di cronaca e di costume. Ha lavorato per un lungo periodo nelle redazioni di testate locali piemontesi. Appassionato di storia, ha svolto alcune inchieste legate a fatti importanti che hanno caratterizzato il Novecento italiano.

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