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Il ricordo di don Gianni Sacco, missionario in Brasile per 44 anni

Il suo sguardo era penetrante, il suo saluto secco, di poche indispensabili parole; spesso l’interlocutore restava perplesso. Era però un’impressione superficiale, perché subito capiva che don Gianni aveva un cuore grande, aperto al dialogo e alla collaborazione.

Questo, per certi aspetti, era il biglietto da visita, che serviva a presentare l’uomo e il sacerdote con la sua caratteristica fondamentale: la generosità. Quella generosità che non si fonda sulle parole ma sull’azione concreta. Per tutta la sua vita è proprio questa dote che ha guidato nell’apostolato don Gianni Sacco, prete missionario in Brasile per quantaquattro anni.

Don Gianni Sacco: prete a Trecate (NO) e parroco a Fervento (VC) e Rimasco (VC).

Don Gianni Sacco nasce a Bogogno, una comunità vicino a Borgomanero, il 5 novembre 1932 e, una volta scoperta la sua vocazione al sacerdozio, entra in seminario per il normale corso di preparazione religiosa. Ordinato prete nel 1956 da Monsignor Gilla Vincenzo Gremigni, dopo poche settimane viene mandato a fare il coadiutore nella parrocchia di Trecate, una delle realtà più significative della diocesi.

È un giovane prete esuberante, che gira per il paese con la sua caratteristica moto, come ci ricorda anche Angelo Marella, che appartiene ad una famiglia che non solo l’ha conosciuto, ma lo ha anche aiutato nei suoi primi coraggiosi passi di impegno sacerdotale.

Da prete giovane ed aperto avverte le problematiche della popolazione, problematiche tipiche di una comunità che da agricola sta diventando industriale. Don Gianni inoltre, come assistente delle Acli, prende posizioni d’avanguardia sulle problematiche sociali, che non sempre sono gradite ai suoi superiori, in particolare creano perplessità nell’arciprete e nel vescovo, che matura l’idea di allontanarlo da Trecate.

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Don Gianni Sacco (Facebook)

Il giovane sacerdote viene trasferito nelle comunità di Fervento e Falmenta, due piccolissimi paesi della Valsesia. Questa decisione, che don Gianni accetta per spirito di obbedienza, provoca in lui un forte momento di riflessione, pensando con malinconia al suo futuro. Nella nuova sede spesso si consola grazie agli incontri con i Trecatesi che, non avendolo mai dimenticato, vanno a trovarlo.

Mi piace ricordare, a proposito di questo legame un episodio collegato alla sua partenza da Trecate, dopo il suo periodo di coadiutore. Quella domenica pomeriggio – e ci sono ancora oggi i testimoni – tutta la popolazione scese nelle vie percorse dal sacerdote a piedi per salutarlo. Fu un’acclamazione che è passata nella storia, forse unica in tutto il Novecento.

Il sacerdote nel frattempo, durante l’esilio valsesiano, matura la decisione che lo porterà a diventare missionario in Brasile. Del resto molte cose, anche nella diocesi di Novara, stanno cambiando. Il vescovo Gremigni muore e a lui subentra come pastore un vescovo molto più aperto da un punto di vista sociale, che accetta e, credo, incoraggia l’idea di don Gianni di andare sacerdote “donum fidei” nell’America Latina. Di conseguenza, su indicazione di Monsignor Cambiaghi, il 5 agosto 1964, sulla nave Augusto, parte dall’ Italia verso il Brasile, con destinazione la diocesi di Teofilo Otoni nello stato di Minas Gerais.

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Don Gianni Sacco (Facebook)

La presenza di don Gianni Sacco in Brasile

Al suo arrivo don Sacco subito capisce quanto lavoro lo aspetta in un territorio dalle dimensioni immense. A lui, dopo un breve periodo di apprendistato per conoscere lingua e costumi, sono affidate tre “parrocchie”: Pescador, Nuova Modica e Sao José do Divino. La sua presenza in questo vasto territorio dura dal 1964 al 2008, anno della sua morte.

Difficile riassumere in poche righe il suo lavoro apostolico, un lavoro che certamente è destinato a restare e a svilupparsi. Credo che si possa dire che l’attività di don Gianni si basa su due principi basilari: sviluppo integrale della persona, compresa la dimensione religiosa, e crescita della comunità nella quale la persona è inserita.

Arrivato, infatti, a Pescador, che è , per così dire, il suo campo base, inizia, da persona concreta quale è, a lavorare per sistemare ed ampliare la chiesa della sua parrocchia, ma nello stesso tempo si dedica con molto zelo ai poveri e agli ammalati, a quelli cioè che oggi papa Francesco ha definito “i componenti dello scarto”. Don Gianni infatti è nell’intimo convinto che andare incontro alle esigenze dei poveri e degli ammalati significa svolgere un’azione di amore, di quell’amore che sta alla base del Vangelo.

C’è anche di più: don Sacco sposa un principio economico molto importante: non è sufficiente dare assistenza, è molto meglio educare le popolazioni a procurarsi i beni per vivere. Di conseguenza, in base a questo principio, incomincia a creare occasioni di formazione professionale, partendo dall’insegnamento di principi di agricoltura e sottolineando ai suoi parrocchiani che questo è l’unico modo per acquisire autonomia e rispetto.

Nella sostanza don Gianni ritiene, in modo corretto ed esemplare, che l’unica via per aiutare la popolazione ad uscire dalla misera sia quella di essere protagonista del proprio sviluppo.

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Don Gianni Sacco (Facebook)

Le opere lasciate

Lunghissimo è l’inventario delle sue opere e delle sue attività. Guardando il tutto da un punto di vista generale, si può affermare, senza correre il rischio di sbagliare, che in tutti i campi don Gianni opera lasciando una traccia destinata a durare nel tempo.

Don João de Pescador, così come viene chiamato in quelle aree, realizza chiese, ospedali, case per anziani, asili nido, scuole, centri di formazione professionale. Per completare il quadro è opportuno ricordare i corsi di preparazione ed addestramento ed i corsi musicali. Quest’ultimi hanno pure generato una banda musicale.

Non solo sviluppa anche attività di comunicazione, impostando un servizio radiofonico che garantisce la possibilità di far arrivare tutte le sere la sua voce, nel vastissimo territorio dove esercita la sua attività pastorale.

Considerazione finale

Al momento della sua morte, testimone un suo caro amico, Luciano Ardissone, tutta la popolazione delle sue parrocchie, subisce un grave colpo, perché avverte di aver perso un vero, sincero, leale amico, che l’ha amata con generosità. I filmati del suo funerale sono la prova dell’affetto che i suoi parrocchiani hanno provato per lui.

Se una delle prove di santità di una persona è l’amore dato e ricevuto, don Gianni Sacco, come dice papa Francesco, pur non essendoci nessun riconoscimento ufficiale, è già santo nei cuori di chi lui ha conosciuto ed amato.

Prof. Franco Peretti
Cultore di storia della dottrina sociale della Chiesa

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Franco Peretti

Professore ed esperto di diritto europeo

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