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Italia Digitale, l’era dello smart working: tanti ne parlano, ma nessuno la conosce davvero

Di Italia Digitale se ne parla sui media, ai convegni, ai Summit. Invero, si parla di ciò che nessuno ha vissuto. Ancora nessuno ha saputo catturare il vero concetto di “economia digitale”, il vero contenuto di “nazione digitale”, la vera essenza di “Italia Digitale”, in cui famiglie, imprese e Stato interagiscono in maniera digitale, attraverso le tecnologie digitali, per produrre beni e servizi digitali, utilizzando la moneta digitale.

Nel 2012 è stata istituita dal Governo Monti l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) che “è l’agenzia tecnica della Presidenza del Consiglio che ha il compito di garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana e contribuire alla diffusione dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, favorendo l’innovazione e la crescita economica.

AgID promuove l’innovazione digitale in Italia, emana le linee guida, gli standard. Ma se vogliamo conoscere come sarà l’Italia Digitale, occorrerà guardare ad una sua rappresentazione in miniatura, dove le persone producono beni digitali (dati, informazioni), attraverso tecnologie digitali (computer, robot), ingaggiate al lavoro da computer (i cosiddetti “mainframe”, che operano come i computer-imprese della gig economy), orientate al conseguimento di obiettivi di produzione stabiliti da un’autorità centrale, e che utilizzano, per produrre e consumare i beni digitali, la moneta digitale. Questa nazione digitale in miniatura è il Centro di Elaborazione Dati (Ced), l’insieme di persone e tecnologie informatiche su cui si basano i servizi informatici erogati dalle aziende (banche, assicurazioni, PA). Il Ced è, in essenza, una vera “economia digitale”.

Ecco dunque cosa sarà Italia Digitale: un Centro di Elaborazione Dati di enormi dimensioni; per sapere come Italia Digitale evolverà basterà guardare all’evoluzione del Ced nei suoi ultimi quarant’anni di storia.

Nei Ced i robot hanno sostituito gli operatori nel montaggio e smontaggio dei nastri, mentre gli automi software hanno sostituito gli schedulatori nel governo dell’esecuzione dei lavori. Inoltre, sfruttando il concetto del “self service” (favorito in ambito digitale da internet) è possibile trasferire il carico di lavoro dal personale tecnico all’utente finale, riducendo pertanto il fabbisogno di personale. Nei Ced l’automazione e la disintermediazione generano disoccupazione: questo accadrà anche per Italia Digitale.

Poiché la spina dorsale di Italia Digitale sarà internet, e poiché internet favorisce la disintermediazione, ovvero il self service digitale, vale la pena ricordare come ha avuto origine il self service (il servizio fai da te).

Il self service è stato inventato negli Stati Uniti negli anni Trenta quando, in presenza di una severa crisi economica, le imprese di servizi si trovarono nell’impossibilità di equilibrare il loro conto economico a causa dell’incidenza crescente del costo del lavoro. Si pensò quindi di far lavorare il cliente: col self service si risparmia al ristorante il costo del cameriere e alla pompa di benzina il costo dell’addetto alla pompa.

italia digitale

Con il digitale è ancora più facile far lavorare il cliente al posto del dipendente: con l’home banking, per esempio, il cliente di una banca lavora al posto del dipendente della banca (il cassiere) e diviene un impiegato virtuale della banca (e-employee), un lavoratore virtuale (e-worker). Poiché l’e-worker lavora da casa, l’home banking è anche home working (che spesso viene impropriamente chiamato “smart working”).

Se i robot sostituiranno le figure meno qualificate, e la disintermediazione ne eliminerà altre, l’intelligenza artificiale sostituirà le figure più qualificate. Per esempio, è notizia di questi giorni (30 maggio 2020) che Microsoft non rinnoverà i contratti a circa 50 dipendenti impegnati sul suo portale Msn: “il loro lavoro da giornalisti sarà sostituito dall’uso di software per identificare le notizie di tendenza tra quelle di decine di partner editoriali e per ottimizzare il contenuto riscrivendo i titoli, aggiungendo fotografie o slide show”.

L’Italia Digitale genererà molta disoccupazione. Occorrerà istituire una “digital tax” (oltre all’attuale web tax sui servizi web): non tanto per disincentivare le imprese, quanto per pagare le indennità di disoccupazione. Le imprese certamente trasferiranno i maggiori oneri ai consumatori finali per cui saranno questi ultimi a pagare la disoccupazione. Per compensare ciò, occorrerà rimodulare opportunamente le aliquote Irpef.

Claudio Maria Perfetto

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