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La cassoeula, il piatto più gustoso della tradizione lombarda

MILANO. Forse quasi tutti ne hanno sentito parlare, ma non tutti l’hanno assaggiata. Per lo meno non tutti hanno gustato quella tradizionale che si prepara in qualche ristorante lombardo. Il piatto in questione è la cassoeula, preparato con carne di maiale e verze, tra i piatti tipici del Milanese e province limitrofe. La ricetta, lo ricordiamo, è adatta soprattutto nella stagione invernale a causa della sua inconfondibile pesantezza e del suo grande apporto calorico.

Alla base della cassoeula ci sono ingredienti poveri ma, nonostante questo, è un’apoteosi trionfale di trigliceridi e colesterolo, anche a causa dell’utilizzo di quasi tutte le parti del maiale. Esistono diverse versioni di cassoeula: dalla ricetta originale a quella più leggera, passando per varianti in base alle zone della Lombardia in cui viene cucinata. Ad esempio, nel Pavese esiste una versione con la carne d’oca sostituita a quella del maiale, nelle zone della Bergamasca il piatto è abbastanza asciutto e viene preparato con verze, cavolo cappuccio e costine di maiale, nella versione Comasca non ci sono i piedini del maiale ma la testa e così via.

Un po’ di storia

Il piatto, così come viene preparato oggi, nasce all’inizio del Novecento, ma le sue varianti più antiche sono di origine incerta e controversa. Probabilmente, il piatto deriva ed è legato alla ritualità del culto popolare di Sant’Antonio abate, festeggiato il 17 gennaio, data che segnava la fine del periodo delle macellazioni dei maiali. I tagli di carne utilizzati per la cassoeula erano quelli più economici e avevano lo scopo di insaporire la verza, elemento invernale basilare della cucina contadina lombarda nei secoli scorsi. Ciò ha fatto presumere ad alcuni storici che il piatto sia nato da aggregazione successiva di ingredienti intorno al nucleo di verza e maiale, altri ipotizzano invece che il piatto originario, di origine barocca, prevedesse l’utilizzo di diversi tipi di carne e vi sia stata una successiva semplificazione e riduzione di ingredienti. È anche ritenuto plausibile che i due piatti, la versione “povera” e la versione “ricca”, avessero origine diversa e nel tempo vi sia stata una sorta di convergenza che ha portato al piatto come è attualmente conosciuto.

Gli ingredienti

Per otto persone occorrono: due piedini di maiale, due orecchie di maiale, 250 g di cotenne di maiale, 1 kg di costine di maiale, 8 salamini verzini, 400 g di luganiga, 2 kg di verza, 1 cipolla, due costole di sedano, due carote, vino bianco secco; burro, sale, pepe.

La preparazione

1) Fate bollire per 45 minuti in abbondante acqua salata le orecchie e le cotenne del maiale, e per 1 ora i piedini, dopo averli raschiati e fiammeggiati; scolateli e tagliateli a pezzetti. Fate rosolare per circa 10 minuti le costine con poco burro in modo che si coloriscano appena, poi toglietele dal fuoco e tenetele da parte; fate lo stesso in un’altra pentola con i salamini verzini bucherellati e la luganiga tagliata a pezzi piuttosto grossi. Mondate e lavate le foglie di verza, poi mettetele in una pentola senza sgrondarle dall’acqua dell’ultimo lavaggio. Coprite e fatele appassire a fuoco basso.

2) In una capace casseruola sciogliete 50 g di burro e fatevi rosolare una cipolla tritata, poi unite il sedano e le carote anch’essi tritati; appena si sono coloriti, unite i salamini e la luganiga, sfumate con un bicchiere vino, lasciatelo evaporare, bagnate con poca acqua e fate cuocere per circa 10 minuti a fiamma moderata.

3) Quindi unite tutta la carne e dopo qualche minuto aggiungete le verze, mescolate bene e se necessario aggiungete poca acqua. Cuocete a fuoco basso per circa 1 ora o fino a quando la carne non si staccherà dagli ossi; se si asciugasse troppo bagnate con poca acqua. A metà cottura aggiustate di sale e pepe.

4) Lasciate riposare la cassoeula per 20 minuti prima di servirla, accompagnandola a piacere con polenta calda.

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Piero Abrate

Giornalista professionista dal 1990, in passato ha lavorato per quasi 20 anni nelle redazioni di Stampa Sera e La Stampa, dirigendo successivamente un mensile nazionale di auto e il quotidiano locale Torino Sera. È stato docente di giornalismo all’Università popolare di Torino.

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