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La Natura che rinasce Arte: intervista a Marco Martalar

Abbiamo intervistato Marco Martalar, l'autore del "Drago di Vaia", la scultura in legno posta sul Lavarone. Un'artista che mette nell'arte tutto il suo amore per la natura

Marco Martalar è artista, scultore del legno e uomo di boschi. Circa due mesi fa ha realizzato il cosiddetto “Drago di Vaia”, una bellissima opera d’arte che si trova a Lavarone, sull’Alpe Cimbra. La scultura, alta 6 metri, domina la valle ed è diventata subito un’attrattiva turistica.

La suggestiva opera è interamente realizzata con legname recuperato dai boschi dopo che la Tempesta Vaia del 2018 ha distrutto circa 42 milioni di alberi. Un evento terribile che ha ferito la zona e che segnato Martalar nel profondo. Lui, artista e artigiano del legno, ha sentito il bisogno di raccontare la furia della natura; da quella furia è nato il drago.

Tuttavia Marco Martalar non è solo “l’autore del Drago”. Le sue opere, principalmente in legno, sono tante e anche diverse tra loro; ma tutte hanno un tratto in comune: l’amore per la materia. Nel lavoro di Martalar si percepisce un rapporto diretto con il legno, basato sul rispetto e nato da un sincero amore per la natura.

Abbiamo avuto l’opportunità di fare alcune domande a Martalar e l’artista ci ha gentilmente risposto.

Intervista a Marco Martalar

Sig. Martalar, come è entrata l’arte nella sua vita?

L’arte l’ho sempre amata, ho sempre voluto realizzare un mio percorso artistico, ma non ho mai fatto studi del genere; in famiglia c’erano altri progetti. Tuttavia man mano che andavo avanti, il desiderio diventava più forte; ho iniziato con il disegno, la pittura e poi a un certo punto mi sono messo a scolpire.

Utilizzo soprattutto il legno, perché vivo in montagna ed è la materia che conosco meglio. Buona parte artistica mi è stata data da mio padre, perché anche lui è sempre stata una persona legata all’arte. Non è mai stato veramente un lavoro per me, fino a dieci anni fa.

Ho notato che nelle sue opere ci sono richiami ad artisti e stili, anche non immediati come ad esempio l’arte africana. La sua conoscenza dell’arte è piuttosto profonda.

Sono un amante della bellezza, di quel tipo di bellezza che sia senza confini. Nei miei lavori cerco questo, soprattutto nei volti. Cercarla diventa quasi un’ossessione e ogni volta la sfida è quella di dare qualcosa in più in ogni opera che realizzo.

Un’opera di Marco Martalar in fiamme
Un’opera di Marco Martalar in fiamme (Facebook)

La sua è un’arte prevalentemente figurativa ma ho visto che si dedica anche a lavori più concettuali, più accostabili all’arte contemporanea, come ad esempio delle opere “bruciate” dal fuoco.

2Sì, l’aspetto contemporaneo mi attira molto. Mi affascina avere a che fare con gli elementi della natura, a volte scolpisco l’opera e la incendio. Il fuoco così diventa un elemento potente che incide sull’opera e crea un nuovo risultato. È come se fossimo due artisti che lavorano sullo stesso progetto.

Queste forze della natura come il fuoco, il vento, etc. influiscono tanto. Influiscono tanto su di noi come esseri umani, ed è bello vedere come possono influire tanto nell’arte. Anche se questo significa che tanti lavori vanno via, perduti per sempre perché “mangiati” dal fuoco. Sembra quasi che prendano il sopravvento su quello che hai fatto.

Sembra una grande metafora dell’eterna condizione umana. C’è l’uomo che tenta di controllare la natura ma alla fine quest’ultima avrà sempre il sopravvento, e situazioni come il cambiamento climatico o anche più banalmente uragani, incendi e terremoti lo stanno dimostrando.

È esattamente il tema principale di tutta la mia arte. Il rapporto tra uomo e natura come una continua lotta senza pace, e che in realtà è sempre una battaglia persa.

Tanto suo lavoro è incentrato anche su una certa sensibilizzazione sul tema, come ad esempio il progetto “Selvart”, oppure il “drago di Vaia”, che è composto con materiali di recupero, giusto?

Sì, è composto solo con materiali che si trovano nel bosco devastato dalla tempesta. Non ho fatto nessun intervento al materiale utilizzato. Lo prendo com’è e lo colloco nel punto che ritengo più opportuno. A me affascina tanto l’idea di recuperare ciò che è stato distrutto.

La tempesta Vaia è stato un evento fortissimo, anche a livello emotivo. Per me è stato uno spartiacque, perché io vivo in quelle zone, e vedere i boschi cadere giù mi ha spezzato. Tutta la comunità è stata toccata profondamente da questo cambiamento climatico, non si era mai vista una cosa così.

Il tempo sembra dividersi in prima di Vaia e dopo Vaia, come quando arriva un terremoto. La tempesta ha colpito proprio il legname, gli alberi con cui io sono cresciuto. Ho pensato dunque di ridare vita a questo legno, come per dare un senso, seppure piccolo, a tutta questa devastazione.

Leone alato di Marco Martalar
Leone alato (Facebook)

Vaia è zona che fa parte dell’Altopiano di Asiago, la zona che Mario Rigoni Stern ha amato e raccontato all’interno dei suoi libri. Mi sono sempre chiesto cosa avrebbe pensato o fatto lui all’indomani della tempesta che ha distrutto un luogo a lui così caro.

Ora mi piace pensare che lei lo abbia in parte sostituito facendo quello che forse avrebbe fatto lui, e cioè trovare un modo per raccontare il territorio. Raccontare la forza della natura e la comunità che la subisce, nella speranza di sensibilizzare sull’argomento.

Beh, “sostituire” è una parola grande, però grazie.

Lei è molto attivo tra mostre e gallerie: ha progetti per il futuro?

2Attualmente c’è una mia opera nella mostra delle sculture in sabbia di Jesolo, ed è stato un onore perché mi hanno concesso di esporre l’unico lavoro in legno. A parte questo, mi stanno contattando moltissime persone per realizzare opere pubbliche, come il drago di Vaia.

Sono richieste soprattutto in posti naturali, cosa che mi fa piacere perché non amo i posti chiusi. Sono pronto a realizzare una mostra al chiuso, ho già esposto al Ca’ Rezzonico di Venezia, ma in generale preferisco lo spazio”.

Danilo D’Acunto

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