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L’esercito turco è nella Siria del Nord, bombardamenti sui curdi, e l’Isis rialza la testa…

ANKARA. E’ scattata l’ora X, il momento tanto atteso dal sultano Erdogan, l’uomo amico e finanziato dagli Usa e finanziatore dell’ isis, il leader che sta portando la Turchia da Stato laico a repubblica islamica, lo stratega che preso una montagna di soldi da Usa e Ue gabbandoli sulle sue reali intenzioni ma sopratutto il condottiero che, una volta per tutte, vuole chiudere i conti con ogni pretesa di indipendenza curda. Infatti sono a dir poco ridicole le raccomandazioni fatte dal presidente Trump al collega Erdogan, rispettare i civili e i diritti umani….Se non si trattasse di una tragedia ci sarebbe da ridere. I turchi stanno avanzando, bombardando preventivamente, nel Nord della Siria, valicando di fatto il confine di uno Stato sovrano con un Esercito. L’aviazione turca ha ripreso stamani a bombardare aree nel nord-est della Siria a ridosso della frontiera. Lo riferisce la tv panaraba al Arabiya citando i propri corrispondenti nella zona tra Qamishli e Tall Abyad.

E’ stata colpita l’area di Tall Abyad e di Ras al Ayn, epicentro dell’offensiva turca. “Le forze militari turche hanno colpito finora 181 postazioni appartenenti alle organizzazioni terroristiche, per organizzazioni terroristiche i turchi intendono le milizie dei curdi che hanno di fatto fermato l’avanzata di daesh del califfo nero dell’Isis, nel nordest della Siria come parte dell’Operazione Fonte di pace” scattata oggi contro i curdi. Lo annuncia il ministero della Difesa turco, citato dall’agenzia Anadolu, riferendosi alle forze curde che la Turchia giudica appunto “terroristi”. Iniziativa bipartisan al Senato per imporre sanzioni alla Turchia se non ritira il suo esercito dalla Siria nella sua operazione contro le forze curde. L’obiettivo è imporre all’amministrazione Trump di congelare i beni in Usa dei più alti dirigenti turchi, compreso il presidente Erdogan e i suoi ministri degli esteri, della difesa, delle finanze, del commercio e dell’energia. Le misure punitive colpirebbero anche le entità straniere che vendono armi ad Ankara, come pure il settore energetico turco. Frattanto miliziani affiliati all’Isis, rincuorati dall’intervento armato turco hanno attaccato nelle ultime ore forze curdo-siriane nella zona di confine con la Turchia dove è in corso l’offensiva. E questo fatto non è un caso ma sembrerebbe una strategia ben definita. Lo riferiscono fonti curdo-siriane vicine all’amministrazione autonoma curda del nord-est siriano. Secondo le fonti, gli scontri sono in corso a sud di Ras al Ayn. Non è possibile verificare in maniera indipendente le informazioni provenienti dalle parti coinvolte nel conflitto. La Turchia attacca i curdi nel nord-est della Siria. Nelle prime ore del pomeriggio, i jet F-16 di Ankara hanno dato ufficialmente il via all’operazione ribattezzata ‘Fonte di pace’ bombardando obiettivi delle milizie Ypg a Ras al-Ayn, seguiti poco dopo dai colpi d’artiglieria su Tal Abyad, per “eliminare i rischi” prima di avviare l’offensiva di terra. E in serata l’annuncio del ministero della Difesa: l’esercito turco ha attraversato il confine ed è entrato nel nord della Siria. Il governo di Recep Tayyip Erdogan non ha indicato, al momento, il numero dei combattenti mandati oltre frontiera. Ma al confine le forze di terra erano già ammassate con decine di blindati, almeno 5 mila soldati delle forze speciali d’assalto, che possono contare su 18 mila combattenti arabi e turcomanni dell’Esercito siriano libero cooptati da Ankara. Secondo i curdi, i raid aerei hanno già provocato la morte di diversi “civili” nei villaggi frontalieri, dove si è scatenato “il panico”. Almeno 15 i morti, di cui 8 civili, hanno riferito fonti locali. E la risposta curda, per ora, si è limitata ad alcuni colpi di mortaio sparati verso la frontiera turca. Immediata è giunta la condanna internazionale, dall’Ue all’Onu fino a Russia e Iran, i partner turchi nei negoziati di Astana sulla Siria. Ma Recep Tayyip Erdogan brinda all’intervento contro il Rojava, il piccolo fazzoletto del Kurdistan indipendente, da anni un suo chiodo fisso. “La nostra missione è evitare la creazione di un corridoio del terrore ai nostri confini meridionali e di portare pace nell’area” e condurrà “alla creazione di una zona di sicurezza, facilitando il ritorno a casa dei rifugiati siriani”, ha scritto su Twitter il presidente turco annunciando l’offensiva. Peccato che sin’ora a ingrassare i terroristi di daesh sia stata proprio la Turchia. Le condanne dell’azione si susseguono di ora in ora. A fermare Erdogan ci aveva provato l’amico Vladimir Putin, ultimo leader straniero a parlargli prima dell’attacco. Il suo invito a “non compromettere gli sforzi congiunti per risolvere la crisi siriana” è caduto nel vuoto, come l’appello poco prima del presidente iraniano Hassan Rohani a risolvere le “legittime preoccupazioni” sui curdi affidandosi a Bashar al Assad. Ankara ha informato sui primi sviluppi dell’operazione gli ambasciatori dei Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che domani dovrebbe avere una riunione d’emergenza. Rassicurazioni che però non sono bastate. “Molto preoccupato” si è detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, secondo cui non può esserci “alcuna soluzione militare al conflitto in Siria”. Dura la condanna dell’Ue, con il presidente uscente della Commissione Jean-Claude Juncker che ha lanciato un “appello alla Turchia affinché blocchi l’operazione militare” e ha avvertito: “Non aspettatevi che l’Ue finanzi una cosiddetta zona di sicurezza”. Per il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, Ankara rischia di “causare un’ulteriore catastrofe umanitaria e un nuovo movimento di profughi”. Anche l’Italia condanna l’intervento militare. “Preoccupazione” per “iniziative che possono portare ad un’ulteriore destabilizzazione della regione” è stata espressa dal premier Giuseppe Conte, mentre per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio “nessuna risposta militare può rappresentare una soluzione alla crisi in corso” e “azioni unilaterali rischiano solo di pregiudicare i risultati raggiunti nella lotta contro la minaccia terroristica, a cui l’Italia ha dato un significativo contributo nell’ambito della Coalizione anti-Daesh”. Condanne anche dall’Arabia Saudita e dall’Egitto, che ha chiesto una riunione urgente della Lega Araba.Mentre la politica agita i suoi sterili feticci manca un grande protagonista a tutti i tavoli di discussione: Israele. Certo che se la Turchia con la sua avanzata riuscisse a rivitalizzare le milizie degli assassini di Daesh (cosa che sta già accadendo) al punto, oltre che di chiudere il discorso Rojava e milizie curde, mettesse di nuovo a rischio la situazione politico-militare siriana e la posizione di Assad la cosa non dispiacerebbe certo allo Stato della stella di Davide nemico di sempre della Siria. Manca ancora un protagonista non da poco, la Russia di Putin alleata con Assad. La situazione dell’avanzata delle milizie del califfato nero cambiò radicalmente solo quando i militari russi entrarono come protagonisti nel conflitto mentre l’amministrazione Obama-Clinton si trastullava fra “ribelli moderati” e cattivi siriani. Vedremo come si svilupperà la situazione nello scacchiere della politica mediorientale. certo che ora i curdi sono visti come vittime sacrificali da dare in pasto al sultano di Ankara. Davvero un brutto modo di essere riconoscenti a chi fermò a Kobane e in altre città la macchia nera dell’Isis.

Giuseppe Muri

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Giuseppe Muri

Giornalista pubblicista dagli Anni Ottanta, si occupa di cronaca e di costume. Ha lavorato per un lungo periodo nelle redazioni di testate locali piemontesi. Appassionato di storia, ha svolto alcune inchieste legate a fatti importanti che hanno caratterizzato il Novecento italiano.

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