• DAL MONDO

Primo attacco iraniano a basi Usa, annunciati 80 morti, inevitabile una risposta militare

ERBIL. Era attesa, era nell’aria e non si è fatta attendere. Anche perchè il regime ultrareligioso sciita di Teheran è alle prese con vibranti proteste e contestazioni interne che hanno già provocato oltre mille morti in pochi mesi. E poi occorreva dare una risposta al “Satana occidentale” come l’Iran teocratico definisce gli Usa e l’ Occidente. L’Iran ha lanciato l’operazione ‘Soleimani Martire’ sferrando un attacco missilistico in Iraq contro due basi che ospitano le truppe americane e quelle della coalizione, tra cui militari italiani. Una pioggia di cruise e di missili balistici a corto raggio partita dal territorio iraniano e che si è abbattuta contro la base di al-Asad e contro quella di Erbil, come prima rappresaglia per l’uccisione del generale Qassem Soleimani da parte degli Usa. Almeno 80 morti. Sarebbe questo un primo bilancio dell’attacco missilistico dell’Iran contro due basi irachene dove erano ospitati militari americani. La televisione di Stato iraniana cita fonti ben informate della Guardia rivoluzionaria, i temuti e odiati Pasdaran secondo le quali circa 80 persone sono state uccise, ed altre 200 sono rimaste ferite, in seguito al raid. “Grandi perdite sono state inflitte a numerosi droni, elicotteri e equipaggiamento militare nella base” di al-Asad. Secondo la Guardia Rivoluzionaria almeno 15 missili hanno colpito basi statunitensi, e nessuno è stato intercettato dall’esercito americano. “Circa 104 obiettivi degli Stati Uniti e dei suoi alleati locali sono sono osservazione da parte dell’Iran, e se commetteranno un errore, siamo pronti ad attaccarli”, spiega una fonte della Guardia Rivoluzionaria alla tv di Stato. Nessun soldato iracheno è stato colpito nell’attacco iraniano contro le due basi americane: lo ha reso noto l’esercito iracheno affermando che sono stati lanciati 22 missili. Secondo la tv di Stato iraniana, ci sarebbe stata anche una seconda ondata di attacchi. Il personale del contingente militare italiano ad Erbil si è radunato in un’area di sicurezza – secondo quanto appreso dall’ANSA – e gli uomini si sarebbero rifugiati in appositi bunker. Risultano tutti illesi. Intanto, un terremoto di magnitudo 4.5 ha colpito una zona dell’Iran vicina ad un impianto nucleare. L’Istituto geofisico americano (Usgs) indica che l’epicentro del sisma è stato localizzato a 17 km a sudest di Borazjan, ad una profondità di 10 km. Per il momento non ci sono notizie di danni o vittime.

Il Pentagono, in una nota, ha affermato che dopo aver messo al corrente dei fatti il presidente americano Donald Trump sta ancora valutando le conseguenze dell’offensiva. Intanto a Washington si è riunito il consiglio per la sicurezza nazionale alla presenza del segretario di Stato Mike Pompeo e del numero uno del Pentagono Mark Esper. Trump, stupidamente e politicamente faziosamente criticato dalla sinistra italiana e non solo, si è semplicemente trovato fra le mani la patata bollente e il Medio Oriente destabilizzato frutti dei bombardamenti dell’amministrazione Obama-Clinton. Da Teheran il corpo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane ha annunciato come “la feroce vendetta” per l’uccisione del generale Soleimani è iniziata e ha affermato che l’operazione iniziale si è conclusa con successo e che la base di al-Asad, contro cui sarebbero stati lanciati almeno 35 missili, “è stata completamente distrutta”. L’Iran minaccia quindi “azioni ancor più devastanti” se gli Usa dovessero decidere di rispondere. “Se l’Iran dovesse essere attaccato sul suo territorio – avvertono le Guardie Rivoluzionarie – Dubai, Haifa e Tel Aviv verranno colpite in un terzo round di attacchi da parte dell’Iran”. Intanto volano le quotazioni del petrolio, balzato del 3,4% a 65 dollari, e dell’oro, a quota 1.600 dollari l’oncia ai massimi dal 2013. Il mondo è abituato alle minacce del regime degli ayatollah in crisi isterica in quanto si rende conto di essere isolato e circondato da Paesi arabi sunniti, nemici giurati di sempre. Comunque la situazione è in drammatica ebollizione e un escalation di violenza pare, purtroppo, inevitabile.

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