• CRONACHE

Rinvio a giudizio per Felice Maniero per maltrattamenti alla compagna

BRESCIA. Il ricordo dei “bei tempi” e delle grandi disponibilità di donne, droga e ogni altro capriccio è sempre più una pagina ingiallita della memoria. Di quei “bei tempi” rimangono solo una lunga striscia di sangue, pene da scontare e conti con la giustizia da saldare. E anche la spavalderia del guascone vicentino del Brenta si è annebbiata, sfocata come quel sorriso ostentato. E non solo… Il gip del tribunale di Brescia Alessandra Sabatucci ha rinviato a giudizio Felice Maniero, l’ex boss del Brenta in carcere da ottobre scorso con l’accusa di maltrattamenti fisici e psicologici sulla compagna. Il legale di Maniero, che non era presente in aula, ha scelto il dibattimento, che inizierà il prossimo 14 febbraio.  Dal giorno dell’arresto ad oggi per quattro volte – due il gip e altrettante il Riesame – è stata negata la scarcerazione a Maniero che abitava da tempo a Brescia con una nuova identità.

“Abbiamo preferito il dibattimento per evitare di elemosinare sconti di pena perché siamo convinti che la sede dibattimentale sia quella preposta per verificare le accuse” ha commentato l’avvocato Luca Broli. La vicenda che ha condotto all’arresto risale al 18 ottobre 2019 Al momento dell’arresto nella sua casa di Brescia Felice Maniero era scoppiato in lacrime. Nella denuncia, la compagna, una donna di 47 anni, ha raccontato di maltrattamenti fisici e psicologici che sarebbe stata costretta a subire. E’ del luglio scorso una delle ultime uscite pubbliche di Maniero (che nel frattempo aveva cambiato nome) sul suo canale Youtube in qualità di paladino dell’ambiente, esperto di microplastiche nell’acqua, preoccupato della salute dei 55 milioni di italiani e in particolare dei più piccoli. Divenuto collaboratore di giustizia, Maniero era libero dal 2010. Arrestato per la prima volta nel 1980, riuscì ad evadere due volte: nel 1987 dal carcere di Fossombrone, facendo poi rubare il 10 ottobre 1991 ai suoi uomini il mento di Sant’Antonio da Padova per ricattare lo Stato.

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