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Scuola, 26 aprile: la ripresa con rischio “calcolato”

Il 26 aprile rappresenta un momento particolarmente delicato anche per la scuola italiana perché è il giorno per la graduale ripresa dell’attività didattica come ben recita il decreto legge del 22 aprile n.52. Si tratta di una data che va presa e commentata con le attenzioni del caso, perché i presupposti che hanno portato a questa individuazione non sono elementi certi ma probabili.

Non deve infatti sfuggire a nessuno quanto ha detto il presidente del Consiglio Draghi nel presentare questo provvedimento. Si tratta di una normativa basata su rischi “calcolati” e, di conseguenza, i contenuti del decreto sono soggetti a continui monitoraggi e non contengono nulla di definitivo ma contemplano situazioni che possono essere modificate in corso di applicazione.

Una considerazione complessiva

È prevalsa la linea della ripresa in termini generali e del ritorno all’attività didattica, con prevalenza di quella in presenza, per quanto riguarda la scuola. In conseguenza di questa decisione, è dunque da registrare che il nucleo centrale del programma di avvio del governo Draghi per quanto riguarda la scuola è stato rispettato. Certamente non con facilità.

In primo luogo infatti va subito sottolineato che si sono sbagliati coloro che ritenevano il governo dell’ex presidente della BCE un esecutivo capace di realizzare in termini rapidi un programma efficace, superando facilmente gli ostacoli grazie alle ampie maggioranze. Così non è. Le varie anime presenti nei gruppi che hanno fatto nascere questo governo, ad ogni piè sospinto, fanno emergere le loro sensibilità e, di conseguenza, frenano l’azione del ministero e lo fanno, perché dicono di volere il bene del Paese.

In secondo luogo, per restare sempre nel campo dell’istruzione, si sono registrate iniziative interessanti del ministro Bianchi che ha fatto scelte positive per quanto riguarda i collaboratori, anche se si deve aggiungere che la sua possibilità di operare troverà spesso qualche ostacolo nella burocrazia ministeriale, soprattutto nel momento in cui cercherà di introdurre innovazioni e sicuramente dovrà usare la massima attenzione nei confronti anche del sindacato che, senza ombra di dubbio, rappresenta un potere forte in questo settore.

scuola 26 aprile

Difficoltà della ripresa

Relativamente facile è scrivere un decreto per ordinare la ripresa dell’attività didattica. Relativamente facile inserire nel provvedimento le percentuali da rispettare per le lezioni in presenza e quelle a distanza. Purtroppo, però, scrivere le norme non significa concretamente attuare quanto nelle norme vi è scritto e, quasi sicuramente, non garantisce il recupero del tempo perduto.

Basti un richiamo: scrivere una norma non significa recuperare il periodo temporale perso per realizzare i banchi con le rotelle. I problemi restano in tutta la loro gravità. Mi sembra che, in modo particolare ancora oggi, il problema del rientro in classe non sia stato affrontato in tutta la sua globalità perché ancora oggi – e lo ripeto volutamente – dopo aver individuato alcune procedure atte ad affrontare il virus durante le lezioni in presenza, nulla di concreto è stato studiato per i trasporti scolastici e per il controllo del virus fuori dalla scuola.

Le indicazioni previste

Mi sembra opportuno fare qualche richiamo sui provvedimenti adottati con il citato decreto. Innanzitutto riparte l’attività scolastica e didattica in presenza in tutte le scuole dell’infanzia, in tutte le scuole primarie e in tutte le scuole secondarie di primo grado su tutto il territorio nazionale, comprese le regioni inserite nella “zona rossa”.

Per le scuole secondarie di secondo grado, invece, dal 26 aprile a fine anno scolastico, se si trovano in zona rossa, sono garantite le lezioni in presenza per almeno il 50% e fino ad un massimo del 75% dell’intera popolazione scolastica.

Se, invece, la scuola si trova in zona arancione o gialla, le lezioni in presenza devono essere garantite per almeno il 70% e fino ad un massimo del 100% dell’intera popolazione scolastica.

È lasciata alle singole strutture scolastiche la scelta delle modalità concrete per accogliere un numero sempre crescente di allievi. Le decisioni locali devono essere adottate tenendo conto delle situazioni specifiche del territorio nel quale viene a trovarsi l’istituto.

Per quanto riguarda la suddivisione delle quote di attività didattica in presenza, vi è un’importante precisazione del Ministero, che afferma: “Fermo restando le percentuali di presenza indicate nel decreto, c’è la possibilità di riservare un quota maggiore di didattica in presenza agli studenti che frequentano le classi finali dei cicli scolastici, anche al fine di meglio accompagnare la preparazione agli esami di Stato”.

In secondo luogo vi è una precisazione che elimina un ipotetico conflitto di competenza tra Stato e Regioni. I provvedimenti governativi, per quanto riguarda le lezioni in presenza, non possono essere derogati dai Presidenti delle Regioni. Le eventuali decisioni delle Regioni devono trovare giustificazione in casi eccezionalmente gravi dovuti alla presenza di focolai di virus o al rischio elevato di diffusione del precitato virus. Non solo. I provvedimenti regionali in deroga devono “essere motivatamente adottati, sentite le competenti autorità sanitarie e nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, anche con riferimento alla possibilità di limitarne l’applicazione a specifiche aree del territorio”.

In terzo luogo dal provvedimento governativo e dalle successive note esplicative del ministero viene ribadita una particolare attenzione per le attività laboratoriali e l’inclusione degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali. Recita, infatti, l’art. 3 al comma 3: “Nella zona rossa resta sempre garantita la possibilità di svolgere attività didattica in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o per mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali […] garantendo comunque il collegamento telematico con gli alunni della classe che sono in didattica digitale integrata”.

Vengono, infine, richiamate tutte le norme relative “all’igiene delle mani e ambientale, l’aerazione degli ambienti, il mantenimento del distaccamento sociale anche negli spazi aggregativi degli istituti scolastici nonché la necessità di sensibilizzare le famiglie in merito al principio di massima cautela in caso di sospetto di infezione”.

Scuola all’aperto

Un’ultima sottolineatura merita la parte della nota interpretativa del Ministero, che fa riferimento alla “scuola all’aperto”. Dice infatti, il precitato documento che, in considerazione delle condizioni climatiche via via più favorevoli, laddove il contesto lo consenta, è opportuno verificare la possibilità di svolgere lezioni all’aperto. Del resto esistono in Italia e all’estero molte esperienze realizzate in questi anni con risultati positivi.

L’attività didattica all’aperto produce due risultati: il primo permette un contatto diretto con il mondo esterno e, di conseguenza, per certi versi, un apprendimento “naturale”, quando la materia lo offre. Il secondo risultato positivo riguarda il fatto che un’attività all’aperto offre, e quindi permette, una cura dei “mali” sofferti con l’isolamento imposto dalla pandemia e, nello stesso tempo, un apprendimento per certi versi eccezionale, in quanto fuori dai tradizionali ambienti didattici.

Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative

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Franco Peretti

Professore ed esperto di diritto europeo

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