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Scuola Calabria, in presenza o DAD? La scelta spetta alle famiglie

Sta facendo discutere e non poco, specie sui social, l’ordinanza n°4 firmata il 30 gennaio dal presidente della Regione Calabria, Nino Spirlì. Un’ordinanza che per giunta riprende la stessa scelta già messa in campo dal Presidente Michele Emiliano, Regione Puglia, che prevede siano le famiglie a scegliere se mandare, in questo periodo in cui la didattica é in presenza solo al 50%. i figli delle scuole superiori a scuola oppure se continuare a casa con la DAD. Ad Esempio Emiliano ha recentemente fatto notare, nonostante gli siano piovute addosso molte critiche per aver lasciato ‘la patata’ bollente sulla scelta del rientro alle famiglie, che in realtà l’80% delle stesse preferisce mantenere i propri figli che frequentano le superiori a casa.

Il clima di incertezza determinato dai monitoraggi del ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità che identificano come la situazione sia ancora delicata portano sempre più spesso le famiglie ad avere paura quasi del ritorno alla normalità, paura che probabilmente sta influenzando negativamente anche il lato emotivo della crescita dei ragazzi, che sempre più spesso, come vi avevamo detto nei giorni scorsi, affrontando la tematica, stanno patendo più di tutti queste restrizioni che li hanno un pò alienati dal gruppo di pari con cui erano soliti interfacciarsi.

Nei giorni scorsi ci siamo imbattuti anche in un interessante post scritto su facebook da un insegnante che diceva di aver avuto un bell’ insegnamento da parte di una sua allieva nel corso proprio di una lezione online, a fondo articolo, proprio per la profondità dei contenuti, vi riporteremo le sue parole, che siamo certi apriranno non solo ad un bel confronto, ma che saranno anche motivo di riflessione.

L’ordinanza della Regione Calabria: cosa prevede?

Nell’ordinanza si legge come la ripresa in presenza delle attività scolastiche secondarie di secondo grado debba essere vissuta con prudenza e con degli opportuni contingentamenti, nell’ottica delle indicazioni nazionali circa la riduzione della movimentazione delle persone e del divieto di assembramento. Inoltre nell’ordinanza si legge che le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado statali e paritarie e delle scuole di istruzione e formazione professionale, nonché le Istituzioni Universitarie , limitano la didattica in presenza a non più del 50% della rispettiva popolazione studentesca, nei primi 30 giorni dalla ripresa delle attività, al fine di rispettare le misure di prevenzione per limitare i contagi.

Sparlì dalla sua aggiunge alcune raccomandazioni:

  • La classe non deve contenere più del 50% degli studenti rispetto alla capienza prevista
  • La didattica online, DAD, deve essere in modalità sincrona per la restante parte degli allievi
  • E soprattutto deve essere favorita la didattica digitale integrata per tutte le famiglie che ne facciano esplicita richiesta, nell’ottica di migliorare sia la gestione organizzativa , quanto i flussi di studenti in entrata ed uscita.

Insomma la scelta spetta anche ed in primis ai genitori degli allievi che possono decidere in autonomia, facendone esplicita richiesta, che i propri figli, nonostante ora la didattica in presenza sia ripresa al 50%, proseguano con la didattica online, l’ormai famosa DAD. Ma é davvero questo a cui ambiscono i nostri ragazzi? Forse é un pò questo la sintesi del post commovente che un insegnante Sara B, docente di filosofia, ha postato sul suo profilo Facebook, attirando moltissimi like dei propri studenti, tantissime visualizzazioni e molti commenti che le davano pienamente ragione. A suo dire, data la testimonianza riportata, pensando ai vari DPCM ed ai modi per contenere il virus, ci si é dimenticati di cosa vogliono e soprattutto hanno provato e provano i ragazzi che non hanno certo scelto questa nuova modalità di vita e di studio. Le sue parole:

Scuola, DAD o in presenza, cosa vogliono i ragazzi?

Così Sara B: ” Credo di aver vissuto oggi uno dei momenti più intensi della mia carriera da docente. Tutto è iniziato questa mattina, quando dopo un ora di spiegazione in DaD, una delle mie alunne (per dovere di cronaca specifico che è una dall’8 facile, sempre attenta e presente a distanza e a scuola) mi ha detto – prof io non ho voglia più di ascoltarla, voglio che sia lei ad ascoltare me.

Sono stanca, sto male, voglio una vita normale. Non mi importa dei tira e molla che fa la politica, il problema non è solo la didattica a distanza o in presenza, il problema è che nessuno ci chiede noi come stiamo, tanto noi non abbiamo problemi e facciamo solo capricci…A lei si è accodata tutta la classe… Li ho ascoltati… E mi sono sentita in colpa perché in questi mesi ho pensato solo a portare avanti il programma e ad avere valutazioni…. Ho chiuso il canale dell’empatia, tutta concentrata sulla ‘bella figura’ da fare con il ministero perché non si dica che in DaD si perde tempo! Ho smesso di essere insegnante e sono diventata una burocrate! E invece il tempo l’ho perso... Non mi sono accorta (non ho voluto farlo) che i miei alunni si stanno spegnendo, che si sentono impauriti dal futuro e che vorrebbero solo più ascolto dagli adulti. Ho pianto con loro, ho pianto per loro.

Cari alunni vi chiedo scusa per avervi trattato come pratiche da smaltire, vi chiedo scusa se non ho ascoltato i vostri silenzi carichi di angoscia, vi chiedo scusa se non ho capito che dietro a quel compito non consegnato c’era l’apatia delle vostre giornate senza più colori. Cari ragazzi, non dobbiamo farvi spegnere, in fondo siete voi il nostro futuro”.

Riportiamo ore qualche numero relativo al post per farvi intendere quanto é sentita la tematica: 85.385 interazioni tra like, cuori ed emoticon, 49 commenti, per la maggior parte studenti o colleghe che ringraziano la professoressa per aver affrontato ‘ a cuore aperto’ la tematica, e ben 69.550 condivisioni. Insomma ci pare di intendere che la DAD, sebbene sia stata scelta probabilmente obbligata per contenere la diffusione del virus, non é stata certo così desiderata e ben vissuta dagli studenti, esausti di stare dietro ad un pc e di aver perso ogni relazione sociale con il gruppo di pari e con il corpo docente. Non resta che sperare che tutto torni presto alla normalità e che la scuola torni ad essere davvero il luogo in cui si può crescere insieme.

In conclusione, permettetemi un mio parere personale, la scuola avrebbe sempre più bisogno di insegnanti come Sara, che sanno fare mea culpa, che sanno ascoltare i propri allievi e sanno creare con loro empatia al fine di fare della scuola non solo un contenitore di sapere, ma un luogo in cui si impara a vivere confrontandosi e dandosi il meglio, insegnanti ed alunni, reciprocamente.

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Erica Venditti

Erica Venditti, classe 1981, dal 2015 giornalista pubblicista. Dall'aprile 2012 ho conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Ricerca Sociale Comparata presso l’Università degli studi di Torino. Sono cofondatrice del sito internet www.pensionipertutti.it sul quale mi occupo quotidianamente di previdenza.

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