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Amarcord: Brera, il poeta d’uno sport che non c’è più

Il 19 dicembre 1992, al ritorno dalla rituale cena del giovedì con gli amici di sempre sulla strada tra Codogno e Casalpusterlengo, Gianni Brera, il grande giornalista la penna che dipinse di poesia il mondo del calcio e dei suoi protagonisti perdeva la vita in un incidente stradale. Aveva 73 anni.
E’ impossibile elencare tutti i neologismi entrati nel linguaggio comune grazie a lui, termini tutt’ora in uso presso redazioni e bar sport: la palla-gol, il centrocampista (nome di conio elementare ma a cui nessuno aveva mai pensato), il cursore, il forcing, la goleada, il goleador, il libero (proprio così, il nome al ruolo lo ha inventato lui), la melina, l’incornata, il disimpegno, la pretattica, la rifinitura, l’atipico…

Celebri anche i nomi di battaglia che appioppò a molti protagonisti del calcio italiano. Rivera fu ribattezzato “Abatino”, Riva “Rombo di tuono”, Altafini “Conileone”, Boninsegna “Bonimba”, Causio “Barone”, Oriali “Piper” (e quando giocava male “Gazzosino”), Pulici “Puliciclone”, e così via. Oggi come oggi il suo nome è tenuto vivo da siti Internet, premi letterari e giornalistici. Inoltre, dal 2003 la gloriosa Arena di Milano è stata ribattezzata come “Arena Gianni Brera”. E’ una lunga storia quella di Gianni Brera, studente di scienze politiche e giocatore nelle giovanili del Milan. Militare nei paracadutisti arriva presto a quella che sarà la passione della sua vita: il giornalismo. Prima in giornali di provincia, poi al “Popolo d’Italia” e al “Resto del Carlino”. Il 2 luglio del ’45, a guerra finita, riprende l’attività di giornalista per la “Gazzetta dello Sport”, dopo la soppressione del giornale da parte del regime fascista, avvenuta due anni prima. In pochi giorni comincia a organizzare il Giro d’Italia di ciclismo, che avrebbe preso l’avvio nel maggio successivo. Doveva essere il Giro della rinascita, il ritorno del Paese alla vita dopo i tragici avvenimenti bellici.

Gianni Brera con Nereo Rocco

Lasciata la Gazzetta dello Sport, Brera compì un viaggio negli Stati Uniti e al suo ritorno fondò un settimanale sportivo, “Sport giallo”. Di lì a poco Gaetano Baldacci lo chiamò al “Giorno”, il giornale appena creato da Enrico Mattei, per assumere la direzione dei servizi sportivi. Iniziava un’avventura che avrebbe cambiato il mondo del giornalismo italiano. In quegli anni Brera strinse una forte amicizia con Fausto Coppi al quale dedicò due dei suoi innumerevoli libri. Nel 1976 Gianni Brera tornò come editorialista alla “Gazzetta dello Sport”. Intanto, continuava a curare sul “Guerin Sportivo” la rubrica “Arcimatto”, mai interrotta e mantenuta fino alla fine. Qui Brera scriveva non solo di sport, ma anche su temi di storia, letteratura, arte, caccia e pesca, gastronomia. Questi articoli, oltre che mostrare la sua cultura, si distinguono per l’assenza di retorica e di ipocrisia. Alcuni di essi sono oggi raccolti in un’antologia.

Nel 1982 fu chiamato da Eugenio Scalfari alla “Repubblica” Aveva iniziato anche una collaborazione saltuaria e poi fissa, alla trasmissione televisiva “Il processo del lunedì”, condotta da Aldo Biscardi. Brera rimane indimenticabile per molte cose, una delle quali è la sua nota la sua teoria “biostorica”, per cui le caratteristiche sportive di un popolo dipendevano dall’etnos, cioè dal retroterra economico, culturale, storico. Così i nordici erano per definizione grintosi e portati all’attacco, i mediterranei gracili e quindi costretti a ricorrere all’arguzia tattica.

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Giuseppe Muri

Giornalista pubblicista dagli Anni Ottanta, si occupa di cronaca e di costume. Ha lavorato per un lungo periodo nelle redazioni di testate locali piemontesi. Appassionato di storia, ha svolto alcune inchieste legate a fatti importanti che hanno caratterizzato il Novecento italiano.

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