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Cinquant’anni fa la partita del secolo: Italia-Germania 4-3

Non fossi sfinito per l’emozione, le troppe note prese e poi svolte in frenesia, le seriazioni statistiche e le molte cartelle dettate quasi in trance, giuro candidamente che attaccherei questo pezzo secondo ritmi e le iperboli di un autentico epinicio. Oppure mi affiderei subito al ditirambo, che è più mosso di schemi, più astruso, più matto, dunque più idoneo a esprimere sentimenti, gesti atletici, fatti e misfatti della partita di semifinale giocata all’Azteca dalle nazionali d’Italia e di Germania. Un giorno dovrò pur tentare. Il vero calcio rientra nell’epica: la sonorità dell’esametro classico si ritrova intatta nel novenario italiano, i cui accenti si prestano ad esaltare la corsa, i salti, i tiri, i voli della palla secondo geometria e labile o costante…Trattandosi di un tentativo nuovissimo, non dovrei neanche temere di passare per presuntuoso. “Se tutti dovessero fare quello che sanno”, ha sentenziato Petrolini, “nulla o quasi verrebbe fatto su questa terra“.

Queste le parole con le quali Gianni Brera cominciò il suo epico quanto intramontabile pezzo su Il Giorno, per raccontare l’incontro entrato di diritto nella storia del calcio come “la partita del secolo” tra Italia e Germania, disputatasi esattamente 50 anni fa, allo stadio Atzeca di Città del Messico. Le due squadre si affrontarono durante la semifinale mondiale del 1970, in Messico, davanti ad un pubblico di ben 102.444 spettatori presenti allo stadio e da oltre 30 milioni di telespettatori da casa. La sfida di calcio in tv riuscì sorprendentemente a battere il record di ascolti stabiliti l’anno prima con lo sbarco dell’uomo sulla luna.

“La partita del secolo” commentata dalla radiocronaca di Enrico Ameri.

Perché è considerata la “partita del secolo“? Le componenti che hanno reso questo evento epico sono diverse e nello stesso tempo complicate da spiegare tutte. Sicuramente il risultato finale di 4-3, per la maniera nel quale è maturato, ha contributo in gran parte alla straordinarietà dell’accaduto. In più si consideri la rivalità calcistica, che aumenterà sempre di più negli anni a venire, oltre che a quella politica, figlia di rapporti diplomatici instaurati tra i due stati dalla loro nascita, nella seconda metà dell’Ottocento, sino all’alleanza durante la seconda guerra mondiale. Una collaborazione arenata prima della fine del conflitto mondiale e terminata amaramente, come i fatti di storia insegnano.

È molto calzante una frase apparsa sul quotidiano Repubblica nel 2016, che dice così: ” “Loro, si dice, ci amano ma non ci stimano. Noi, si dice, li stimiamo ma non possiamo amarli.

la partita del secolo
“La partita del secolo”, la formazione iniziale dell’Italia (Facebook)

L’epicità del match è anche arricchito dalla situazione dalla quale provenivano le due compagini: l’Italia era Campione d’Europa in carica, ma nella fase eliminatoria non aveva convinto molto pur qualificandosi prima nel girone, reduce da una sola vittoria contro la Svezia e due pareggi a reti inviolate contro Uruguay e l’esordiente Israele. Successivamente ai quarti aveva avuto la meglio dei padroni di casa del Messico per 4-1. La Germania dell’Ovest, invece, era reduce da tre vittorie consecutive nella prima fase eliminatoria contro Marocco, Bulgaria e Perù, e nei quarti eliminò i campioni del mondo in carica dell’Inghilterra. Agguantarono la vittoria grazie ad una rete decisiva di Gerd Muller al 108′ dei supplementari, che sancì il definitivo 3-2.

La semifinale tra Italia e Germania ebbe inizio alle ore 16:00 locali, in Italia era la mezzanotte del 18 giugno,con 25 gradi di temperatura, un’umidità da tenerti incollata la maglietta al corpo come una seconda pelle e si giocava ad un’altitudine di circa 2.200 metri, tale da fiaccarti il respiro e renderti poco lucido se non sei abituato. Altri particolari che arricchiscono il significato di questo incontro.

la partita del secolo
(Facebook)

L’arbitro peruviano, di origine giapponese, Arturo Yamasaki diede il via l’incontro. Dopo soli 8′ gli azzurri passarono in vantaggio grazie ad un potente sinistro di Boninsegna che trafisse il portiere Sepp Maier. L’Italia per quasi ottanta minuti si accontentò di difende il risultato, giocando una partita prettamente difensiva seguita da alcune rapide ripartenze in contropiede. Ma in pieno recupero, al 93′, i tedeschi raggiunsero un’insperato pareggio: Schnellinger, lasciato incredibilmente da solo, sfruttò al meglio un cross di Graowski dalla sinistra e infilò in spaccata la porta avversaria. La rete costrinse le squadre ai supplementari.

Il Ct Ferruccio Valcareggi decise di effettuare un cambio ad inizio del primo extra time: Fabrizio Poletti per Roberto Rosato, quest’ultimo probabilmente troppo stanco per proseguire. La prima a portarsi in vantaggio fu la Germania, grazie al gol di Gerd Müller, abile a sfruttare un errore difensivo proprio del neoentrato Poletti. Quattro minuti più tardi fu la volta di Tarcisio Burgnich  sfruttare l’errore della difesa teutonica e siglare il momentaneo 2-2. Un minuto prima del termine del primo supplementare la Nazionale riusci a portarsi nuovamente in vantaggio grazie ad una straordinaria azione di Gigi Riva in contropiede.

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(Facebook)

Beckenbauer, a seguito di un infortunio che gli causò la lussazione di una spalla, decise di restare stoicamente in campo giocando con un braccio fasciato. Al quinto minuto del secondo tempo supplementare, la Germania Ovest trovò nuovamente il pareggio grazie al colpo di testa di Seeler. Passarono appena 60 secondi e l’Italia sigillo il definitivo 4-3. Fu un’azione corale, la più bella della competizione per gli azzurri, a far scaturire il gol vittoria: palla rimessa in gioco dal centro campo, undici passaggi, nessun intervento dei tedeschi e conclusione di Gianni Rivera, che da centro area di piatto destro spiazzò Maier.

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La targa commemorativa della partita, apposta all’esterno dello Stadio Azteca (Wikipedia)

La partita nonostante non venga ricordata negli annali tra le più spettacolari a livello di gioco, viene considerata ancora oggi tra le più emozionanti ed influenti nella storia del calcio professionistico. Non a caso i tifosi messicani per onorare l’avvenimento decisero di murare una lapide all’esterno dello Stadio Azteca per ricordare una partita che aveva esaltato il gusto latino-americano per lo spettacolo e la battaglia.

Carlo Saccomando

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Carlo Saccomando

Classe 1981, giornalista pubblicista. Poco dopo gli studi ha intrapreso la carriera teatrale partecipando a spettacoli diretti da registi di caratura internazionale come Gian Carlo Menotti, fondatore del "Festival dei Due Mondi" di Spoleto, Lucio Dalla, Renzo Sicco e Michał Znaniecki. Da sempre appassionato di sport lo racconta con passione e un pizzico di ironia. Attualmente dirige il quotidiano "Il Valore Italiano".

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