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Il condono delude gli evasori

 Il condono tombale sparisce dal documento fiscale, ma diventa una realtà della vita cittadina degli italiani. Lo ha deciso il vertice di governo di giovedì 15 che ha cancellato la norma che permetteva di sanare quanto dovuto al fisco (e mai dichiarato) a titolo di tasse e contributi, versandone solo una parte. Il condono diventa invece una concreta  possibilità per regolarizzare quanto di errato è stato dichiarato al fisco. Vediamo il decreto fiscale prima e dopo la modifica.

La dichiarazione integrativa speciale.  Consentiva di dichiarare fino al 30% in più di quanto già comunicato al fisco, con un tetto massimo complessivo di 100 mila euro di imponibile per anno d’imposta su 5 anni (quindi teoricamente fino a 500 mila euro). L’obiettivo era quello di permettere di sanare Irpef, Irap, ritenute e contributi, non solo non versati ma anche non dichiarati, pagando solo una quota delle tasse dovute: il 20% anziché le relative aliquote (per l’Irpef, ad esempio, fino al 43%). Questa possibilità, che – riferiscono fonti di governo – non avrebbe portato un gettito significativo nelle casse dello Stato, sarà però ora esclusa e, dall’entrata in vigore della legge vera e propria sarà possibile regolarizzare solo quanto già dichiarato. Gli errori formali nelle dichiarazioni dei redditi potranno quindi essere corretti pagando 200 euro per ogni anno.

Sul piano politico è una delle prime vittorie di Di Maio e dei Cinquestelle, che mal digerivano la sanatoria per tasse non pagate o anche solo eluse. Si attendono ora le reazioni dei milioni di italiani, soprattutto artigiani, piccoli imprenditori che speravano di regolarizzare la loro posizione con il fisco.

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