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In tempi di Coronavirus l’impresa eccezionale è essere normale

Aveva ragione il buon vecchio Lucio Dalla ad affermare nel brano Disperato Erotico Stomp, prima traccia del lato B dell’album “Com’è profondo il mare“, pubblicato nel 1977, che “l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale“, e aggiungerei sopratutto in questi tempi di emergenza da Coronavirus.

La normalità in questo periodo così particolare per il nostro Paese e per il mondo intero, del quale rimarrà per sempre una traccia indelebile nei libri di storia, dovrebbe essere in primis la cura e il rispetto per il prossimo. E non ha molta importanza se questo ‘prossimo‘ sia un nostro caro, un amico o uno sconosciuto qualsiasi, perché oggi più che mai la vita di ogni essere vivente e del nostro stesso pianeta dipende dall’atteggiamento di ognuno di noi.

Quale miglior modo di poter adempiere a questi buoni propositi se non quello di restare beatamente nelle proprie case, continuando a lavorare in tutta serenità o addirittura cominciando a coltivare o a riscoprire quelle passioni che fino ad un mese fa tanto desideravamo? Quante volte ci siamo detti che avremmo voluto passare più tempo in famiglia, dedicarci a mariti, mogli e figli, mentre ora che siamo esattamente nella situazione che si eravamo augurati non sappiamo più cosa fare?

Coronavirus impresa eccezionale essere normale

Certo in alcuni casi prendersi cura degli altri non è del tutto semplice, sopratutto a causa delle misure restrittive in essere che ci negano di uscire dalle nostre abitazioni se non per comprovati motivi di necessità. Ma è anche vero che viviamo nel XXI secolo, dove la tecnologia è alla portata di tutti e la lontananza fisica può essere facilmente abbattuta attraverso l’utilizzo di dispositivi come smartphone, pc e tablet, e soprattutto grazie al magico mondo di internet, che ci permette di rimanere in contatto con il mondo intero 24 ore su 24.

Ma la normalità, così come la felicità, purtroppo non è per tutti. La perenne insoddisfazione, la voglia di trasgredire, la supponenza di potersi permettere uno strappo alla regola “perché tanto a me non succederà niente” supportata dalla becera convinzione che non si stia facendo del male a nessuno, sta portando alcuni italiani a compiere gesti che definire stupidi sarebbe alquanto riduttivo.

Il paradosso è che fino all’altro ieri questi comportamenti venivano considerati come la normalità, in molti casi etichettati come noiosi, mentre oggi simboleggiano la massima espressione di ciò che può essere considerato un gesto estremo: stiamo parlando ad esempio del gruppo di otto persone che in un magazzino, nel Palermitano, hanno deciso di ritrovarsi per giocare una bella partita a carte e per bere qualche bottiglia di birra. “Cosa vuoi che ci succeda?“, avranno pensato gli otto amici.

Oppure è il caso dei quattro che voluto condividere in compagnia la propria passione per il surf e a bordo delle proprie tavole hanno deciso di cavalcare le onde sul litorale della Lanterna a Scoglitti, in provincia di Ragusa. Anche in questo caso la spiaggia era deserta, le onde del mare erano perfette, “che cosa vuoi che ci sia di male a fare un po’ di surf?” avranno pensato i quattro surfisti.

C’è anche un pensionato che nel comune di Calenzano, alle porte di Firenze, ha deciso di inoltrarsi nel bosco per andare a raccogliere gli asparagi selvatici. Il simpatico anziano, colto in flagrante dai carabinieri forestali, si è giustificato mostrando un sacchetto bianco di plastica contenente il prezioso bottino. Immagino che possa aver pensato: “se come comprovato motivo di necessità figura quello di andare a fare la spesa, non vedo cosa ci sia di male nell’andare a raccogliere qualche ortaggio.

Queste sono alcune piccole storie che in tempi di normalità non avrebbero destato alcun interesse, mentre quest’oggi si ritrovano all’interno di un articolo per un unico e semplice motivo: quello di mettere in evidenza che per l’essere umano fare dei cambiamenti è quasi sempre complicato. Cambiare le proprie abitudini è un’opera che per essere realizzata necessita di una grande forza di volontà.

Non è intenzione di questo articolo deridere o condannare coloro i quali hanno violato le misure di restrizione in essere, ma confrontarle con un unico e semplice gesto estremamente banale, che in questo momento per molti sembra impossibile da compiere, ossia quello di stare a casa.

È per questo motivo che molti dovrebbero fermarsi un attimo a riflettere e considerare se vale molto di più quello che vogliamo noi, oppure vale di più il bene comune. È l’eterna lotta tra egoismo ed altruismo, ma questa volta non c’è bisogno di compiere gesti eclatanti ed eccezionali, ne basterebbe uno tanto piccolo e tanto semplice: quello di azionare il cervello…e restare tra le quattro mura di casa.

Carlo Saccomando

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Carlo Saccomando

Classe 1981, giornalista pubblicista. Poco dopo gli studi ha intrapreso la carriera teatrale partecipando a spettacoli diretti da registi di caratura internazionale come Gian Carlo Menotti, fondatore del "Festival dei Due Mondi" di Spoleto, Lucio Dalla, Renzo Sicco e Michał Znaniecki. Da sempre appassionato di sport lo racconta con passione e un pizzico di ironia. Attualmente dirige il quotidiano "Il Valore Italiano".

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