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Scuola: l’apprendimento e il docente

Quanto sto per scrivere è la prima conseguenza di un proficuo intenso confronto con gruppi di docenti entusiasti del loro lavoro e, soprattutto, interessati a riscoprire alcuni aspetti della loro professione, perché molte volte, presi da mille preoccupazioni personali e professionali, questo aspetto hanno tralasciato.

Dico subito che dal confronto sono emersi molti spunti che mi hanno permesso di riflettere, di approfondire questioni e, soprattutto, mi hanno permesso di apprendere.

Sono emerse, in seguito ad un tentativo di classificazione, due categorie di docente:

a) Il docente statico

La prima, per la verità da un punto di vista numerico assai esigua, è formata da quei docenti che sono convinti di avere tutte le conoscenze necessarie da trasmettere per garantire ai propri allievi ogni nozione necessaria per la loro formazione.

In parole semplici, si ritengono preparati a svolgere il loro ruolo trasferendo quanto hanno appreso sui libri, nei corsi, durante le fasi di aggiornamento: hanno acquisito cioè tutto ciò che serve e, durante le lezioni, provvedono a distribuire il pane della scienza.

Hanno sempre fatto così e, di conseguenza, in virtù dell’esperienza acquisita, procedono nell’attività didattica. Se si vuole, questo tipo di insegnamento non contiene nulla di dinamico, vale a dire non contiene nessun tentativo di collegare il contenuto dell’insegnamento con l’allievo che si ha davanti o con la classe nella quale si svolge la propria attività professionale.

In una simile ipotesi si è di fronte ad una figura statica di docente. Questo è l’insegnante che non sa andare oltre le schede che ha preparato per le lezioni all’inizio della sua carriera didattica.

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b) Il docente dinamico

Una seconda categoria è, invece, quella del docente dinamico. Questa figura di docente – per fortuna dico io – rappresenta la maggior parte e ritiene che l’insegnamento comprenda anche l’apprendimento.

Mi spiego meglio. Ho sentito molte volte un’espressione che mi ha sempre affascinato: “Mentre insegno a volte avverto l’esigenza di approfondire alcuni aspetti dell’argomento che sto esponendo e, di conseguenza, approfondisco aspetti che fino a quel momento avevo sottovalutato”.

Il docente, che si pone in questi termini di fronte al suo lavoro, rientra nella categoria degli insegnanti che nell’insegnamento comprendono anche la fase dell’apprendimento. Questi operatori non hanno dunque un “pacchetto” preconfezionato da proporre alla classe o all’allievo, hanno qualcosa che deve essere coniugato con la realtà che sta davanti a loro.

Si tratta, dunque, di docenti disposti a mettersi in gioco, a confrontarsi, ad approfondire. Hanno nella sostanza una visione dinamica della loro attività. Possono anche avere le schede dell’argomento da trattare, ma queste non rappresentano un testo sacro immodificabile da un punto di vista temporale e contenutistico, ma sono semplicemente una traccia che può essere tralasciata quando le esigenze della classe lo richiedono.

Mi sembra opportuno anche aggiungere una sottolineatura. Questi docenti sono molto sensibili all’attuazione di una scuola inclusiva, interpretando ed effettuando nella loro attività il vero spirito del dettato legislativo.

Mentre, infatti, il docente della prima categoria pensa spesso di creare una scuola inclusiva tagliando i programmi per gli alunni che presentano qualche problematica, il docente che crede nell’insegnamento collegato all’apprendimento è portato a studiare le varie situazioni per apprendere, cioè imparare le soluzioni che siano in grado di servire per garantire a tutti gli allievi il raggiungimento dei medesimi obiettivi.

Semplificando posso dire che questo tipo di docente non ha un messaggio formativo preconfezionato da trasmettere, ma possiede dei contenuti da adattare, da un punto di vista della loro trasmissione didattica, ai vari allievi.

La pandemia e i docenti

La tragica situazione che si sta vivendo colpisce però nello stesso modo sia i docenti della prima categoria, pochi per la verità, che i docenti della seconda categoria, che rappresentano invece il gruppo più consistente.

Bisogna allora fare i conti con la didattica a distanza, con tutti i suoi surrogati e aggregati. Tutti, infatti, sono costretti a fare i conti con un insegnamento che richiede anche apprendimento.

Le tecnologie della DaD costringono ogni docente all’aggiornamento e, quindi, di fatto all’apprendimento. Credo allora che questa fase possa essere utile per contribuire alla formazione dinamica dei nuovi insegnanti, dei docenti del futuro.

Tra l’altro sarebbe interessante che questo aggiornamento avvenisse in collaborazione con i propri allievi, che in questo modo avrebbero l’occasione di conoscere anche meglio la personalità dei loro insegnanti; anche sotto l’aspetto dell’apprendimento si verrebbe a creare una nuova realtà, che, come dice in un suo scritto una vivace docente, dal simpatico nome di Giada, rappresenta il vero contenuto dell’empatia.

Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative

Franco Peretti

Professore ed esperto di diritto europeo

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