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Terza dose di vaccino: le prime immunizzazioni stanno per scadere

C'è bisogno della terza dose: primi a vaccinarsi i trapiantati, i dializzati ed i pazienti oncologici.

A proposito della terza dose di vaccino COVID-19, la cosiddetta “Booster dose”, sul web si legge di tutto ed il contrario di tutto. Facciamo il punto della situazione, prestando particolare attenzione alle fonti. L’OMS sta esaminando le prove in campo sulla necessità di procedere ad una nuova vaccinazione, contattando i produttori dei vaccini e tutti gli stati membri per ottenere i dati più completi e recenti.

Perché dovremmo essere sottoposti alla terza dose

  • La comparsa di malattie gravi che possano compromettere l’immunità;
  • La riduzione della protezione contro nuove varianti del virus;
  • Una scarsa protezione ottenuta con il percorso vaccinale, a causa di condizioni di compromissione del sistema immunitario.

Bisogna inoltre tener conto del prodotto vaccinale, della situazione epidemiologica e della copertura vaccinale nelle fasce a rischio. Ad oggi non esistono dati certi né sulla protezione immunitaria né per la durata della stessa, che si stima garantita per almeno 6 mesi. In poche parole non sappiamo se la progressiva diminuzione dei valori anticorpali sia realmente causa della riduzione di efficacia del vaccino, in particolare verso le varianti.

Tuttavia i dati finora raccolti tranquillizzerebbero riguardo al fatto che chi sia vaccinato abbia una protezione contro quadri clinici gravi di COVID-19. Riguardo il vaccino, ad oggi non abbiamo dati sufficienti per stabilire se sia efficace su tutte le varianti dopo i sei mesi dalla vaccinazione.

Sappiamo che una certa riduzione di efficacia si manifesta, come confermerebbero i dati in Israele. Tuttavia le infezioni sono state decisamente meno gravi nei soggetti vaccinati ed il 40% dei soggetti colpiti erano pazienti immunodepressi, classe ad alto rischio di scarsa risposta vaccinale, perché il sistema immunitario non reagisce bene alla vaccinazione.

Vaccini per tutte le nazioni, soprattutto quelle del Terzo mondo

Un altro aspetto che potrebbe influenzare la scelta della terza dose è la necessità globale di dosi nel pianeta. Si stima che l’80% circa delle dosi siano usate dal 20% circa della popolazione. Offrire delle dosi di richiamo oltre il previsto ciclo vaccinale, in grado di dare una discreta protezione alla malattia, o comunque in grado di ridurre la gravità tanto da limitare i ricoveri nelle strutture ospedaliere, minerebbe i principi del diritto alla salute e dell’equità nazionale e globale.

La ridotta distribuzione dei vaccini nelle popolazioni meno abbienti rischierebbe inoltre di rallentare la lotta alla malattia, favorendo la produzione di ulteriori varianti che potrebbero dimostrarsi estremamente pericolose anche nella popolazione vaccinata.

Terza dose

Per dare il via libera alla terza dose si attendono i riscontri scientifici

È un problema che investe diversi aspetti, che non sono puramente scientifici. I dati che si stanno raccogliendo forniranno informazioni riguardo la durata dell’immunità indotta dal ciclo vaccinale di due somministrazioni, o una con il vaccino monodose, e diranno in che gruppo di popolazione possa essere necessario intervenire.

Negli Stati Uniti ​il virologo Anthony Fauci con un suo recente intervento, ha fatto capire che tutti avranno bisogno di una “booster dose”. Sostiene che la variante Delta ha rivoluzionato tutto, evidenziando una riduzione dell’efficacia del vaccino. In Israele il nuovo record di casi delle ultime settimane ha determinato l’avvio della campagna di vaccinazione con la terza dose.

Anche il Brasile sta valutando la necessità di una terza dose, in particolare per gli anziani, disabili ed operatori sanitari.

In Italia

Nel nostro Paese l’atteggiamento risulta meno interventista, anche perché il ministero della Salute e il Cts devono osservare con attenzione i dati clinici. Un’altra ipotesi che potrebbe essere messa in atto sarebbequella di proporre una dose di richiamo annuale, come si fa per altri tipi di vaccinazione, come ad esempio quella influenzale. Ma non sarebbe rivolta a tutti: solo per le categorie a rischio.

È un problema anche etico perché esiste il dovere morale di pensare alle popolazioni meno fortunate, dove le condizioni economiche non permetterebbero interventi vaccinali di massa senza l’aiuto dei paesi più ricchi. A nostro discapito andrebbe la diffusione del virus in queste aree, con replicazioni virali continue nei serbatoi umani, con la possibilità statistica di un incremento delle varianti, di cui non si possono prevedere l’infettività, la gravità della malattia e la resistenza ai vaccini. Se così fosse prenderebbe vita un pericoloso circolo senza fine.

Cristina Baron

Nata a Brescia, a 18 anni mi sono trasferita a Londra per un periodo. Al ritorno ho conseguito a Milano la laurea in Scienze Politiche con indirizzo internazionale pubblicistico. Vivo a Torino da 30 anni ed ho un figlio. Mi sono sempre occupata di scrittura anche ricoprendo ruoli imprenditoriali. Ho scritto e pubblicato due romanzi e ne ho altri nel cassetto. Il mio lavoro, la mia vita sono da sempre accompagnati da incessante curiosità ed inguaribile passione.

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