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Unesco, cerca e cavatura del tartufo italiano patrimonio dell’umanità

Semaforo verde per il tartufo italiano in sede Unesco. L’agenzia delle Nazioni Unite nel settore di scienza, cultura ed educazione ha infatti incluso uno dei nostri prodotti d’eccellenza nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

Per la precisione c’è stato il via libera al riconoscimento, nella sede centrale dell’agenzia a Parigi, dell’antica pratica di “cerca e cavatura” di questo genere di pregiati funghi ipogei. L’iter della candidatura su questa storica pratica diffusa nella penisola risale a otto anni fa e ottenne subito il forte sostegno e appoggio degli esecutivi nazionali.

I ministeri dell’Agricoltura e della Cultura sponsorizzarono l’iniziativa per arrivare, nel marzo dello scorso 2020, alla candidatura ufficiale. L’Italia l’ha presentata al ministero degli Esteri, sito alla Farnesina, tramite la senatrice Lucia Borgonzoni, sottosegretaria alla Cultura.

La procedura dettagliata del riconoscimento Unesco per le pratiche del tartufo

La sedicesima riunione annuale del preposto Comitato Unesco, quello relativo allo specifico patrimonio culturale immateriale, aveva così iniziato tre giorni fa a discutere e vagliare un totale di 60 candidature. Questo comitato consta di sei esimie personalità da tutto il pianeta. Tra di loro c’è anche un italiano: Pier Luigi Petrillo.

Il nostro illustre connazionale è professore ordinario di Diritto pubblico comparato e Diritto comparato del patrimonio culturale nell’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza. Per il biennio 2021-22 è stato eletto, dallo scorso marzo, vice presidente del Comitato Unesco.

Petrillo, tra le 60 candidature in esame, con i colleghi ne aveva considerate positivamente 42, compresa quella sulle pratiche rurali legate al tartufo. La candidatura, nello scorso ottobre, ha finalmente superato la selezione di base per approdare così tra le “finaliste” dell’elenco nel Comitato.

Questa nostra candidatura, bisogna aggiungerlo, aveva tuttavia ricevuto inizialmente una bocciatura in quanto non in linea con gli standard Unesco del 2003. Una preparazione successiva più approfondita a livello nazionale aveva condotto a riproporre la candidatura, nel 2020.

Alba, città piemontese celebre per il tartufo bianco "Tuber magnatum pico"
Alba, città piemontese celebre per il tartufo bianco “Tuber magnatum pico”

Dichiarazione e monito all’Italia

La proposta italiana ha dunque oltrepassato lo scoglio con le seguenti motivazioni. La cava e la cerca del tartufo in Italia è “un insieme di conoscenze e pratiche trasmesse oralmente nel corso dei secoli, tutt’ora caratterizzante la vita rurale di diverse comunità diffuse in tutto il territorio nazionale. La tecnica della cava e cerca del tartufo attiene ad una serie di conoscenze e competenze relative al clima, all’ambiente, alla biodiversità, e che impongono una gestione sostenibile dell’ecosistema”.

Il giudizio, che completa l’attuale accoglimento finale della candidatura, si completa con un avvertimento che tale riconoscimento non porti a scopi meramente turistici e commerciali. L’Unesco chiede inoltre all’Italia di concentrarsi soprattutto sul tartufo e non tanto su altri aspetti della pratica, per esempio sulla salvaguardia degli animali, ossia i cani da cerca.

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Giampaolo Negro

Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche, giornalista pubblicista dal 2012. Ho collaborato dal 2010 al 2021 con "Sprint e Sport" occupandomi di calcio giovanile e dilettantistico, con particolare attenzione alla scuola calcio. Appassionato di cultura storica, arte, teatro musica e affascinato dalle meraviglie della natura.

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