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Welby, 15 anni dalla sua morte: mancano ancora delle leggi in merito

Oggi sono esattamente 15 anni dalla scomparsa di Piergiorgio Welby, attivista e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni che combatté una dura e lunga battaglia per garantirsi il diritto a una morte dignitosa. La distrofia muscolare, da cui era affetto sin dall’adolescenza, lo ridusse in condizioni tali da spingerlo a desiderare una fine rapida e indolore. Dopo la sua dipartita il testimone di Piergiorgio, impegnato in prima linea per il riconoscimento legale del diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico in Italia e per il diritto all’eutanasia, è passato alla moglie Mina Welby.

Il dibattito che nel 2006 si scatenò intorno alla sua vicenda rese il tema davvero molto rovente sul piano della bioetica e su un possibile approdo legislativo di una serie di norme sul tema dell’eutanasia. A causa del vuoto legislativo in materia, la sua richiesta di “dolce morte” non poté inizialmente trovare accoglimento, nonostante un’accorata lettera all’allora capo di Stato, Giorgio Napolitano. Domandò quindi al medico Mario Riccio di staccare il respiratore che lo teneva in vita.

Da Eloana Englaro a Dj Fabo

Negli anni successivi in Italia ci furono altri casi simili che suscitarono il vivo interesse dell’opinione pubblica nazionale. Una tra tutti quella di Eluana Englaro, vittima di un incidente stradale che la lasciò per 17 anni in stato vegetativo, e del padre Beppino che fece di tutto affinché fosse interrotta l’alimentazione forzata, considerata un inutile accanimento terapeutico. Il 9 luglio 2008, la Corte d’Appello civile di Milano autorizzò Beppino Englaro, in qualità di tutore, ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzata.

Grande clamore mediatico avevano suscitato anche le vicende legata a Lucio Magri, Fabiano Antoniani, meglio conosciuto come Dj Fabo, Davide Trentini e Loris Bertocco, per citarne alcuni.

Le battaglie per la morte ‘dolce’ in Italia anche nel nome di Welby

Un primo passo per cercare di risolvere queste tristi situazioni fu l’approvazione della legge sul testamento biologico, in vigore in Italia dal 31 gennaio 2018.

Attualmente la discussione sul Testo unico sul suicidio medicalmente assistito è in fase di discussione alla Camera dei Deputati. Le norme ancora lungi dall’essere definitivamente fissate, dovranno aspettare ancora alcuni mesi, almeno il prossimo febbraio, prima di ricevere, salvo modifiche, l’approvazione necessaria.

In mezzo ci sono anche altri argomenti parlamentari all’ordine del giorno, primo tra tutti l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, tra oltre un mese, che sostituirà l’attuale Sergio Mattarella.

Resta, come punto di riferimento delle contrapposizioni bioetiche sul suicidio assistito, la sentenza del settembre 2019 della Corte Costituzionale sulla vicenda di Dj Fabo con l’intervento del politico Marco Cappato, adesso tesoriere dell’Associazione Coscioni.

La Corte dichiarò infatti Cappato non punibile per le proprie azioni di aiuto al suicidio se la persona richiedente, oltre a mantenere la sua autodeterminazione, presenta le specifiche caratteristiche psicofisiche irreversibili accertate dal Servizio Sanitario Nazionale. Cappato ottenne in seguito anche l’assoluzione dalle accuse mossegli di omicidio di consenziente.

Sono state intanto raccolte, negli scorsi mesi, un milione circa di firme per domandare un referendum che renda legale l’eutanasia nel nostro Paese. Nei prossimi mesi vedremo finalmente in quale direzione andranno questi pesantissimi temi di natura etica e sanitaria.

Marco Cappato ricorda, in un toccante post su Facebook, le ultime parole di Piergiorgio Welby: “Oggi sono un po’ nervoso, è la prima volta che muoio”: così ci accolse quella sera di 15 anni fa Piergiorgio Welby, prima che Mario Riccio lo aiutasse a morire senza soffrire“.

Le dichiarazioni di Mina Welby

Oggi Mina Welby ha dedicato un lungo post su Facebook per ricordare il marito scomparso 15 anni fa: “Il 20 dicembre di quindici anni fa ci lasciava Piergiorgio Welby. Caro Piero, te ne sei andato via troppo presto, ma non mi hai lasciato sola. Non potevi far meglio di quello che hai fatto. La Di Mu (distrofia Muscolare) ti ha indicato la strada dei diritti per arrivare al diritto di una “morte opportuna, raggiunta con coraggio, grazie allo strumento della disobbedienza civile e all’aiuto di Marco Cappato, Marco Pannella e poi Mario Riccio, cui hai chiesto di addormentarti staccando il ventilatore automatico.

“Al medico non succede nulla, tranquilla, chiedo solo un diritto affermato dall’articolo 32 della Costituzione,” mi dicesti. E infatti fu prosciolto perché aveva fatto il suo dovere nei confronti del paziente. Di quei lunghi nove anni di dolore e disagi ne sono io l’origine. Nelle ultime ore che stavamo insieme mi dicesti che eri stato felice con me. E chiedesti: e tu? E ti risposi, sì anch’io. In quel momento capii che felicità ha infiniti aspetti. Eravamo felici anche in quel momento di intimo addio che passavamo, ben sapendo che non avevamo nulla da perdonarci. E quella mia colpa di averti portato nove anni prima al pronto soccorso era diventata colpa felice per la vita che abbiamo fatto ancora insieme.

Oggi, dopo quindici anni che te ne sei andato voglio riflettere con te sul nostro stare insieme dal 1978: La tua serenità mi nascondeva l’ansia e la paura del futuro. La tua vita interiore la leggo oggi nelle tue poesie. Tu amavi la campagna, il mare, il sole e le stelle, la pioggia, la brina e il ghiaccio nelle tue battute di caccia. Tu, cacciatore diventasti pescatore. Mi hai insegnato a montare una canna da pesca senza comprarne una; guardare oltre e dentro le cose e gli avvenimenti; scrutare lo sconosciuto; mettere alla prova le mie incertezze fisiche e mentali; saper aspettare; non prendermi troppo sul serio. Poi tutto era diventato difficile.

Non riuscivi più a fare foto istantanee, come ti era sempre piaciuto. Abbiamo ripiegato sula macrofotografia. Nostri amori insetti Coccinelle, ragni, bruchi farfalle in camera oscura…ricordi? A un certo punto ero diventata anche garzone di bottega che ti quadrettava le tele per poter dipingere ancora anche con diminuite capacità motorie. “Dobbiamo comportarci in modo che Piergiorgio si senta meno malato di quello che realmente è”, le parole di dott. Federico Sciarra, tuo pneumologo e amico per nove anni accanto a noi. Ricordi il primo approccio a Internet con il notebook a 1Gb? Si aprì un mondo, uno spazio immenso con nuovi e fantastici amici. Questo mondo è rimasto vivo.

Per me non sei morto, hai solo cambiato essenza. Volevo solo ricordare alla Politica che solo grazie al coraggio tuo e di altri guerrieri che ci sono stati dopo la tua morte, insieme all’impegno di un piccola realtà come la nostra associazione Luca Coscioni persone in gravissime condizioni ora vivono il diritto e la speranza di poter essere liberi di scegliere sul proprio fine vita. Come te tutti i malati vogliono guarire non morire. Il tempo scorre e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione. Richiedo anch’io qui l’eutanasia, morte medicalmente assistita.

La chiedo oggi qui per Mario. La chiedo per i tanti Fabiano, Davide, le tante Dominique, per non dover espatriare. Tu spesso penavi per giovani malati gravi, condividendo il loro desiderio di poter morire. Esistono determinate situazioni dove morire diventa diritto umano, i medici, molti medici le conoscono. Tu hai amato la vita e questo amore ti ha dato la forza di chiedere aiuto per poter deporre il corpo diventato solo peso della tua Vita che ancora esiste con noi nell‘Associazione Luca Coscioni. Ciao e a presto, tua Mina“.

Giampaolo Negro

Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche, giornalista pubblicista dal 2012. Ho collaborato dal 2010 al 2021 con "Sprint e Sport" occupandomi di calcio giovanile e dilettantistico, con particolare attenzione alla scuola calcio. Appassionato di cultura storica, arte, teatro musica e affascinato dalle meraviglie della natura.

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